Cavie umane, dal cinema alla realtà

Negli anni ‘70 il cinema americano produsse una pellicola in cui una clinica specializzata induceva la perdita di coscienza e il mantenimento in vita vegetativa di soggetti destinati a fornire organi sani e freschi, a richiesta dei chirurghi, per trapianti ed esperimenti. Quel film era intitolato “Coma Profondo”.

Al buon cinema va il merito di aver spesso anticipato i successi, ma più ancora le aberrazioni delle tecnologie biomediche. E oggi leggiamo sui giornali che negli Stati Uniti quest’uso dei corpi in stato di coma (senza induzione, a questo non ci siamo arrivati!) sarà autorizzato per legge, anche senza aver acquisito il consenso dei parenti.

La notizia mi rimanda a un altro film, proiettato in questi giorni nelle nostre sale, dal titolo “Extreme Measures”. Qui un giovane medico, interpretato da Hugh Grant, scopre, dopo diverse vicessitudini, un’organizzazione coordinata da Gene Hackmann, nel ruolo del neurologo di fama, per condurre ricerche sperimentali su persone senza casa e senza parenti. A queste persone, che hanno la sfortuna di non avere nessuno che li difenda, viene sezionato il midollo per provare poi su di esse farmaci atti a ripristinare le fibre nervose e a curare una delle invalidità più frequenti nei giovani, le paralisi traumatiche degli arti. “Abbiamo fretta, non possiamo perdere anni seguendo le regole”, sono queste alcune delle parole che il neurologo rivolge a Hugh Grant. “Se morirà qualcuno dei nostri soggetti, servirà almeno a qualcun altro”.

Esito a considerare questo film come un’anticipazione della feroce sperimentazione sugli uomini solo perché, su altri soggetti deboli e indifesi, è già accaduto in altri tempi e in altre forme. La clinica dove si svolge il progetto è linda, funzionale, asettica, di lusso. Diversa nell’aspetto dagli spaventosi lager nei quali sperimentavano i medici nazisti. Dopo c’è stato, nel 1947, il Codice di Norimberga sulla sperimentazione umana, approvato nella stessa città in cui si era svolto il processo a carico dei dirigenti del Terzo Reich. Ma nei decenni successivi sono emersi ulteriori abusi.

Persone deboli e indifese, malati di mente, militari costretti alla disciplina, ne sono stati più volte il facile oggetto. E il principio del “consenso informato”, che rappresenta la minima difesa dall’arbitrio dello sperimentatore, è stato non di rado omesso. Una difesa etica, ancor prima che legale, consisterebbe nell’applicazione del principio di Pappworth: “Non sperimentare su alcuno ciò che non vorresti fosse sperimentato su di te o su i tuoi parenti stretti o su persone a te legate da particolare affetto”.

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