Ccr5 nel mirino

Il gene per la proteina Ccr5 potrebbe essere davvero un bersaglio chiave per una futura terapia genica contro l’Hiv. Conosciuta da tempo come la porta di ingresso che il virus utilizza per entrare nelle cellule del sistema immunitario nella fase iniziale dell’infezione, la Ccr5 potrebbe infatti svolgere un ruolo importante anche nelle fasi successive della malattia.

Si stima che circa l’1 per cento degli europei possieda almeno una copia del gene per la Ccr5 difettoso e non produca, quindi, la proteina. Queste persone risultano altamente resistenti all’infezione da Hiv e, se contagiate, reagiscono in modo migliore rispetto agli altri, diventando malati a “lunga sopravvivenza”.

Per questo, quando l’equipe oncologica della Medical University di Berlino ha sottoposto un paziente con Aids a un trapianto di midollo osseo per leucemia mieloide acuta ha utilizzato le cellule di un donatore con la mutazione per il gene Ccr5 difettoso. Oggi, a quasi due anni dall’intervento, il paziente non ha più virus circolanti nel sangue e non ha dovuto riprendere a curarsi con le terapie antiretrovirali. È possibile che nel suo corpo ci siano ancora delle particelle virali, ma la mancanza del recettore Ccr5 per l’Hiv lo rende virtualmente sano.

È la prima volta che un trapianto di cellule staminali del midollo osseo debella l’Hiv e il caso studio è stato riportato dall’equipe tedesca alla Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections lo scorso febbraio. Ma ha senso pensare a un trapianto di midollo osseo come terapia contro l’Aids? “Questo ancora non si può dire. L’idea è interessante, ma probabilmente non è l’aspetto più importante che questo caso fa emergere”, risponde Arnaldo Caruso, ordinario di microbiologia dell’Università di Brescia ed esperto di Aids. Che spiega: “Lo stato attuale del paziente ci dice piuttosto che il recettore Ccr5 potrebbe essere fondamentale per il virus anche in uno stadio non più iniziale dell’infezione. E questa è un’informazione molto importante”.

È noto infatti che, con il progredire della malattia, il virus muta e comincia a utilizzare altri recettori per entrare nelle cellule, come la proteina Cxcr4. Ma il fatto che il paziente avesse contratto l’infezione già nel 1995 suggerisce che Ccr5 continui a essere fondamentale per il virus anche dopo diversi anni.

“Se l’esito del trapianto si manterrà stabile, una futura terapia genica contro l’Hiv potrebbe avere questo come bersaglio”, continua Caruso. Questo tipo di terapia dovrebbe andare a modificare direttamente i geni del paziente affinché non producano più la Ccr5. Ma questa è solo un’ipotesi. Senza contare che le terapie geniche non hanno ancora dato i risultati sperati neanche nel caso di malattie genetiche ben conosciute. (t.m.)

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