Cercando una via di fuga

Una via di fuga.
Il grande racconto della geometria moderna
Piergiorgio Odifreddi
Mondadori 2011, pp. 254, € 20,00

Con il secondo capitolo della saga dedicata alla Geometria, che continuerà in un terzo e conclusivo, Piergiorgio Odifreddi affronta il periodo moderno. E ciò che aleggia nell’aria, dalle intuizioni della cultura araba fino ai lavori di fine dell’Ottocento, somiglia a una rivoluzione. C’è tutta una parte del mondo matematico che vuole trovare letteralmente una ‘via di fuga’ dalla gabbia che aveva costruito la geometria di Euclide del periodo classico. Si vogliono a tutti i costi scardinare gli schemi del passato e cercare altre verità, altre spiegazioni che permettano di meglio interpretare la geometria della natura.

Odifreddi sembra non voler scendere a compromessi con la divulgazione scientifica e, come conferma lui stesso, il testo è un vero e proprio libro di matematica. Tuttavia, le immagini rendono più piacevole e comprensibile la lettura e l’impressione che si ha è proprio quella di trovarsi di fronte a una geometria più attraente di quella classica, ma non per questo meno precisa. I teoremi vengono descritti e dimostrati in modo molto tecnico, e quando l’autore sembra oltrepassare il limite che un “non addetto ai lavori” riuscirebbe a sopportare, ecco che il riferimento all’arte, al cinema, alla storia o semplicemente l’ironia di una sua battuta aiutano ad avanzare nella lettura. Chiunque può insomma affrontare questo libro. A patto, però, di essere pronto a una lettura dinamica: un lettore che non subisca passivamente le spiegazioni del matematico ma che partecipi attivamente al suo ragionamento.

L’incipit è dedicato alle capacità decorative di Arabi ed Ebrei che, non potendo raffigurare immagini sacre, usarono motivi geometrici per abbellire le superfici di sinagoghe e moschee. Da qui il percorso passa attraverso la geometria prospettica, che accompagna l’arte in una nuova evoluzione. Nasce la profondità nei dipinti, insieme a quelle tecniche necessarie a modificare la rappresentazione di un oggetto in funzione della posizione in cui esso dovrà essere osservato. Ritroviamo poi il Giappone, paese che ha sviluppato le sue teorie matematiche indipendentemente dall’Occidente, sfruttando per le sue dimostrazioni mezzi alternativi come la carta ripiegata, l’origami.

Ad accompagnare tutta la narrazione è la ricerca di una dimostrazione per il postulato delle rette parallele. Le vie percorse sono le più varie e originali, e l’impressione è quella di vedere correre i pensieri dei matematici in un’autentica gara. Qui vincono solo gli audaci mentre gli altri, quelli che hanno già pensato ma non hanno il coraggio o la voglia di confrontarsi con il mondo, stanno a guardare il successo delle proprie idee, dei propri ragionamenti e teorie sottoscritti dalla penna di altri. 

Il viaggio continua attraverso formule definite belle ed eleganti, rivelandoci insospettabili matematici come Napoleone che ci lascia addirittura un teorema, leggendo di forti polemiche estremamente conservatrici firmate da nomi illustri come Stendhal e Lewis Carroll a difesa degli Elementi di Euclide, o spiegandoci, ad esempio, come un italiano, Eugenio Beltrami, sia riuscito a costruire una superficie iperbolica simile alla cuffia della nonna.

“A cavallo tra Ottocento e Novecento si era dunque ormai capito che Galileo sbagliava, nel Saggiatore, a ritenere che la geometria euclidea fosse l’unico linguaggio in cui è scritto il grande libro della Natura. La geometria iperbolica aveva infatti esibito un altro linguaggio, alternativo a quello euclideo, ma altrettanto versatile nel descrivere aspetti significativi del mondo esterno”, conclude Oddifreddi. “Molti altri linguaggi geometrici furono in seguito scoperti nel Novecento, e alla descrizione della loro Babele dedicheremo il nostro volume conclusivo, sul periodo contemporaneo della geometria. Ma per ora ci fermiamo, perché il racconto che abbiamo dedicato al periodo moderno finisce qui”. 

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