Vivere il Cern, la città ideale dove sindaco è Fabiola Gianotti

cern almost nothing documentario

Una città dove vivono diecimila persone, con uffici, club per lo sport e il tempo libero, la fondamentale caffetteria dove si discutono piccoli e grandi problemi scientifici e una direttrice generale, Fabiola Gianotti, che si considera sindaco. Questo è il Cern, il centro europeo di fisica nucleare di Ginevra: un enorme laboratorio dove si svolgono ricerche di fisica fondamentale ma vengono sviluppate anche applicazioni tecnologiche che hanno ricadute immediate sulla società. Come l’html e il world wide web, alla base di internet come lo conosciamo oggi. A raccontare la straordinaria esperienza di questa città laboratorio è Almost Nothing – Cern Experimental City, un documentario realizzato da Anna de Manincor del collettivo bolognese ZimmerFrei e con la collaborazione di BoFilm, in programmazione nei cinema oggi e fino al 21 novembre in diverse città italiane (qui la programmazione completa) 

Cern, una città ideale della scienza

Il Cern raccontato in Almost Nothing appare come una città ideale, vera e propria utopia del nostro tempo, dove vivono e lavorano migliaia di persone provenienti da tutto il mondo. “Qui nazionalità e religione non hanno alcuna influenza. Togli questi due concetti e un gruppo diventa civilizzato”, spiega uno degli scienziati che racconta cosa vuol dire vivere e lavorare al Cern. Un luogo dove i conflitti e la competizione vengono “sublimati” per fare ricerca scientifica e tecnologica ai massimi livelli. Ed è proprio quest’obiettivo comune a permettere alla comunità di funzionare. Lungo il percorso della ricerca c’è la costante e a volte tragica consapevolezza della propria ignoranza, ma c’è anche il piacere di scoprire. “Qui è ancora consentito sognare”, dice un fisico teorico.

Almost nothing – il trailer

Protagonisti di Almost Nothing sono anche gli ambienti unici e suggestivi in cui si svolge la ricerca al Cern, che rimandano alla sensazione provata da molti visitatori di trovarsi in una cattedrale. Non è difficile capire il perché: di fronte agli enormi rivelatori di particelle (talvolta anche “affrescati”, come Atlas) tecnici e scienziati appaiono minuscoli come sotto le arcate di una cattedrale gotica.

Il racconto delle persone è intrecciato con quello dei luoghi, dagli imponenti rivelatori alla più informale caffetteria, dagli intricati corridoi pieni di tubi al club di ballo. Si respira la brulicante attività del mattino fino e quella rilassante della sera, quando le luci si spengono ed enormi saracinesche si abbassano. Dietro tutto questo, suggerito dall’ottimo uso della colonna sonora, ci sono i grandi misteri scientifici, nascosti e allo stesso tempo cercati dai grandi rivelatori.

La grande sfida del nulla

Il documentario sfiora senza troppi tecnicismi quello che è il motore della città sperimentale, cioè le grandi questioni aperte, gli sforzi per comprendere quello che ancora non capiamo. Quattro ragazzi chiacchierano e bevono una birra dopo una giornata di lavoro e uno di loro chiede: “Di cosa siamo fatti?”. “Quasi di niente!”, risponde prontamente uno degli altri. La risposta, scientificamente ineccepibile, evoca una delle grandi sfide scientifiche di questo secolo su cui lavorano i ricercatori del Cern: capire il vuoto. E se Almost Nothing non ci svela il mistero del nulla, ci fa però conoscere le persone che provano a farlo, in un luogo che è diverso da ogni altro.

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