Categorie: Ambiente

Cetacei uccisi dai sonar: un kit per scoprirlo

All’esercitazione sonar della marina militare segue lo spiaggiamento di un gruppo di cetacei. Non è un evento raro e, come molti – biologi, medici e ambientalisti – sostengono dal 2003, non è neanche una semplice coincidenza: le onde a bassa e media frequenza emesse dai sonar (Lfas) disorientano gli animali, inducendoli a una emersione troppo rapida, che può essere causa di embolie (vedi Galileo, “Spiaggiamenti dei cetacei, stop ai sonar militari”; “Us Navy sotto accusa”). 

La concomitanza temporale dei due eventi, esercitazione e spiaggiamento, è un forte indizio di causalità, ma provare questa relazione in ogni singolo evento è un altro paio di maniche. Ora, però, gli esperti avranno a disposizione una nuova tecnica di medicina forense che permetterà loro di sapere se la morte di delfini, capodogli e balene sia riconducibile alla cosiddetta sindrome embolica gassoso-lipidica (una malattia simile a quella da decompressione nei sub), che normalmente non dovrebbe interessare questi animali di mare profondo (vedi Galileo, “Spiaggiamenti, tante le cause possibili; “I sonar che uccidono le balene”; “Uccisi da un sonar”).

Lo studio, apparso su Scientific Reports, è frutto di un lavoro cogiunto tra Spagna, Italia e Gran Bretagna, guidato da Antonio Fernández dell’Universidad de Las Palmas de Gran Canaria (il primo ad aver scoperto la sindrome embolica gassoso-lipidica in alcuni zifii, nel 2002). Quando si è di fronte a uno spiaggiamento recente è sufficiente avere con sé un piccolo kit (un aspirometro, una siringa da insulina e un tubo a vuoto) per prelevare i gas contenuti nei tessuti direttamente nel luogo dello spiaggiamento, e conservarli fino al laboratorio. “L’impiego della metodica permetterà di stabilire la presenza di azoto nelle bolle di gas trovate nei vasi sanguigni di animali ancora non decomposti”, ha spiegato Giovanni Di Guardo, ordinario di Patologia generale e fisiopatologia veterinaria dell’Università di Teramo, che ha partecipao allo studio: “Il nuovo metodo avrà ampia applicazione soprattutto nei casi di spiaggiamenti collettivi avvenuti durante l’utilizzo di sonar militari a onde a media frequenza e ad alta densità o durante le prospezioni geologiche in mare”.

Il motivo è semplice: le lesioni da bolle di azoto, infatti, sono tipiche dell’embolia. Per questo motivo, stabilire con certezza che uno spiaggiamento avvenuto in concomitanza con l’uso di sonar dipenda dalla sindrome embolica gassoso-lipidica darà ulteriore sostegno all’ipotesi secondo cui questi disturbi ambientali interferiscono con il sistema di ecolocalizzazione e spingono i cetacei a una risalita troppo veloce per il loro organismo, portandoli alla morte.

Credit per l’immagine: Wikipedia

Tiziana Moriconi

Giornalista, a Galileo dal 2007. È laureata in Scienze Naturali (paleobiologia) e ha un master in Comunicazione della Scienza conseguito alla Scuola Superiore di Studi Avanzati di Trieste. Collabora con D la Repubblica online, Salute SenoLe Scienze, Science Magazine (Ed. Pearson), Wired.it.

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