Che cos’è l’autismo

“La mia vita è fondamentalmente il mio lavoro”. Potrebbe averla detta chiunque questa semplice frase, e nessuno le presterebbe così tanta attenzione. Diverso se a parlare è Temple Grandin, professoressa di scienze animali alla Colorado State University, scrittrice di successo, progettista nell’industria del bestiame e persona affetta da autismo. Soprattutto oggi che ricorre l’ottava Giornata mondiale per la consapevolezza dell’autismo, che quest’anno mette al centro il problema del lavoro per le persone che soffrono di disturbi dello spettro autistico. Perché di fatto chi l’80% di queste non lavora.

Un’occasione persa, tuonano le Nazioni Unite, per gli autistici sì, che si vedono così sfumare l’opportunità di vivere una vita piena, ma anche per gli uffici pubblici, le imprese e le associazioni che decidono di rinunciare all’enorme potenziale delle persone con autismo, che scelgono di fare a meno delle loro straordinarie abilità di ragionamento logico, riconoscimento di pattern o attenzione ai dettagli. “Riconoscere i talenti delle persone con disturbi della spettro autistico, piuttosto che concentrarsi sulle loro debolezze, è essenziale per la creazione di una società che sia veramente inclusiva”, sottolinea Ban Ki-moon, che invita le imprese ad assumersi degli impegni concreti per favorire l’inserimento nel mondo del lavoro delle persone autistiche.

Impegno che non può certamente prescindere dall’inserimento precoce in adeguati percorsi terapeutici, dall’apertura delle scuole verso chi soffre di autismo, da un’adeguata formazione professionale e dall’abbattimento delle discriminazioni. Prima di tutto con la conoscenza e la consapevolezza di che cosa significhi essere affetti di autismo, soprattutto oggi che il mondo si colora di blu.

Autismo, che cos’è
Definire cosa sia la patologia è difficile anche nella terminologia. Si parla infatti più che di autismo di Disturbi dello spettro autistico, come ricorda anche l’ultima edizione del l Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (Dsm V), includendo sotto questa dicitura patologie prima afferenti a categorie diverse: il disturbo autistico, la sindrome di Asperger, la Sindrome di Rett, il disturbo disintegrativo della fanciullezza e il disturbo pervasivo dello sviluppo non altrimenti specificato. Si tratta di disturbi dello sviluppo a livello neurologico (del cervello, diverso in chi soffre di autismo), estremamente variabili da persona a persona (il termine spettro si riferisce a questa variabilità appunto).

Complessivamente si parla di difficoltà, più o meno gravi, nelle interazioni sociali, nella comunicazione – verbale e non – di un repertorio ristretto e ripetitivo di interessi e di attività e di comportamenti stereotipati. I disturbi dello spettro autistico possono essere associati anche a problemi fisici (epilessia, problemi col sonno, all’apparato gastrointestinale) o a disabilità intellettuali, sebbene alcuni soggetti autistici abbiano spiccatissime abilità visive e artistiche (la stessa Temple Grandin ha parlato del proprio cervello come di “un Google Immagini”).

Chi colpisce e perché
Non esiste un’etnia più colpita di altre, né una regione più colpita di altre per il disturbo dello spettro autistico (Dsa) che invece interessa dalle 4 alle 5 volte più maschi che femmine. La prevalenza di Dsa nella popolazione, almeno per Nord America, Asia ed Europa, si aggira intorno all’1%, con stime variabili da 1/150 ad 1/68, come riferisce il Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) americano. Negli ultimi anni si è assistito a un notevole aumento della prevalenza della patologia, solo in parte imputabile ad una maggiore consapevolezza della malattia e al miglioramento delle pratiche di diagnosi. A contribuire all’impennata dei casi di autismo registrati negli ultimi anni, infatti, potrebbero essere stati anche alcuni fattori ambientali.

I sintomi: quali e quando
Premessa: i sintomi con i quali il Dsa può presentarsi sono, come già accennato, estremamente variabili, colpiscono con diversi gradi di gravità la sfera emotiva, sociale e comunicativa e possono portare la persona autistica a sviluppare dei sistemi stessi di comunicazione, interazione, apprendimento e comportamento diverse dal resto delle persone: a volte sviluppando straordinarie capacità, altre invece compromettendo gravemente le abilità intellettuali di chi ne soffre. I sintomi compaiono precocemente nello sviluppo del bambino: una diagnosi attendibile è infatti possibile intorno ai due anni, sebbene si stia cercando di identificare sempre più precocemente i segni di un Dsa analizzando il comportamento e lo sviluppo del bambini (qualcuno pensa già in gravidanza). Tra i possibili campanelli d’allarme di un bambino con Dsa, il Cdc ricorda: non rispondere se chiamati dopo il primo anno d’età; fuggire il contatto visivo o fisico; tendenza all’isolamento; risposte non correlate alle domande; interessi ossessivi; ritardo nelle capacità linguistiche; ripetizione continua di frasi e parole; reazioni esagerate per piccoli cambiamenti; difficoltà a capire i sentimenti altri e ad esprimere i propri; mancanza di interessi condivisi; gioco ripetitivo; tendenza a seguire delle routine. Va detto, precisano dal Cdc, che anche bimbi senza Dsa possono avere alcune di queste manifestazioni, ma per chi ne soffre questi sintomi sono tali da complicare notevolmente il normale svolgimento della propria vita.

Quali sono le cause
Che il vaccino trivalente contro morbillo-parotite-rosolia causi l’autismo, l’abbiamo detto e ripetuto più volte, è una bufala. Uno dei tanti miti che circonda il Disturbo dello spettro autistico. Quali che siano le cause del Dsa non è infatti ancora chiaro, sebbene i ricercatori siano ormai concordi nel ritenere che ci sia presente tanto un coinvolgimento genico che ambientale. Solo lo scorso ottobre Nature pubblicava due studi in cui presentava una lista di circa 100 geni connessi all’insorgenza della malattia ed è di questi giorni la notizia della scoperta, da parte di ricercatori italiani, del meccanismo con cui le mutazioni in un gene (RAB39B), correlato all’autismo, possono compromettere la comunicazione tra i neuroni.

Sappiamo inoltre che se un gemello omozigote soffre di Dsa in 9 casi su 10 capiterà lo stesso all’altro, e in generale se un bambino ha diagnosi di Dsa suo fratello ha il 35% di rischio in più rispetto alla media di incorrere nella malattia. Inoltre, circa il 10% dei bambini che soffrono di autismo hanno anche altre condizioni genetiche, come Sindrome dell’X fragile o di Down. Ma ci sono anche casi di autismo in cui non è possibile risalire a una storia familiare della malattia.

L’idea è che il disturbo nello sviluppo delle strutture cerebrali che si osserva precocemente in chi soffre di Dsa sia dovuto al malfunzionamento di alcuni geni coinvolti nella crescita del cervello e dei suoi sistemi di comunicazione con il contributo di alcuni fattori ambientali. Tra questi, sembrano essere correlati al rischio di autismo l’età avanzata dei genitori al concepimento, elevati livelli di esposizione per la madre a pesticidi e inquinamento, parti molto prematuri e complicati (dove per esempio il bambino sperimenta mancanza di ossigeno al cervello).

Le terapie
L’autismo è una condizione permanente, ma ciò non significa che gli interventi terapeutici, soprattutto se precoci (e se tempestiva è quindi la diagnosi), non possano apportare dei miglioramenti nella vita del paziente e nel suo sviluppo. Premesso che ogni paziente è diverso e che quindi ogni terapia lo sarà.

Per interventi si intendono tanto quelli di tipo socio-comportamentali – come terapie per lo sviluppo del linguaggio, del gioco, di auto-aiuto e di condivisione, per l’adattamento all’ambiente fisico e all’interazione con gli altri bambini, di riduzione dell’ansia e dell’aggressività – quanto interventi con medicinali. Non esiste una medicina contro l’autismo, ma possono essere somministrati medicinali per il trattamento di sintomi come l’epilessia, l’ansia o l’aggressività, sebbene sulla reale efficacia di antipsicotici, stimolanti e antidepressivi gli specialisti abbiano sollevato non pochi dubbi, anche per la comparsa di effetti indesiderati e, in alcuni casi, di effetti opposti (come l’aumento delle stereotipie). Per quel che riguarda gli interventi comportamentali invece esistono diverse tecniche e modelli di intervento, come l’applied behavior analysis (Aba), il Denver Model.

In ogni caso il supporto e la preparazione dei genitori, e spesso dell’intera famiglia, è essenziale per la buona riuscita delle terapie. Tenendo a mente una serie di messaggi chiave, riassunti da Ellen Notbohm, scrittrice e madre di un bambino con autismo, e presentati nella seconda edizione del suo libro 10 cose che ogni bambino con autismo vorrebbe che tu sapessi. Immaginando di far parlare un bambino autistico con un adulto, per Notbohm questo è quello che i grandi dovrebbero sempre tenere sempre a mente:

1. Io sono un bambino;
2. I miei sensi non si sincronizzano;
3. Distingui fra ciò che non voglio fare e non posso fare;
4. Sono un pensatore concreto. Interpreto il linguaggio letteralmente;
5. Fai attenzione a tutti i modi in cui cerco di comunicare;
6. Fammi vedere! Io ho un pensiero visivo;
7. Concentrati su ciò che posso fare e non su ciò che non posso fare;
8. Aiutami nelle interazioni sociali;
9. Identifica che cos’è che innesca le mie crisi;
10. Amami incondizionatamente.

Via: Wired.it

Credits immagine: Camp ASCCA/Flickr CC

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