Che fatica innovare

    Un premio di diecimila euro e (soprattutto) la possibilità di accedere all’European Venture Contest, iniziativa rivolta a imprese hi-tech ad alto potenziale di sviluppo. Era questa la posta in palio della prima edizione del premio “Start-up dell’anno”, promosso da PNICube, l’associazione degli incubatori universitari e delle Business Plan Competition, che riunisce 26 atenei italiani. Ad aggiudicarselo, ex aequo, due aziende: la Neptuny di Milano e la Seac 02 di Torino. La prima è una società che fornisce prodotti e servizi di supporto alle aziende nelle loro attività di IT Performance Management ed è uno dei player più innovativi nel campo della Iptv, la televisione via Internet. La seconda, invece, si occupa di realtà virtuale e opera nel campo della simulazione, del controllo industriale, dell’intrattenimento e del cosiddetto “cultural heritage”. “Siamo molto orgogliosi di aver ricevuto questo premio, è un riconoscimento al valore innovativo dell’idea imprenditoriale alla base della nostra azienda e del lavoro quotidiano dello staff Neptuny. È una grande soddisfazione che sento di dover condividere con tutti i miei collaboratori”, commenta Fabio Violante, fondatore e amministratore delegato di Neptuny.

    L’azienda milanese conta al suo interno circa 60 lavoratori, di cui 50 dipendenti. La maggior parte di questi lavora nel team di ricerca e sviluppo in cui l’impresa investe ogni anno circa il 20 per cento del fatturato. In questo modo Neptuny è riuscita a registrare, dal 2002 a oggi, un più 88 per cento annuo sui ricavi, con un utile del 18-19 per cento nel 2006 (fatturato: cinque milioni di euro). Il tutto prestando servizi e offrendo soluzioni a clienti importanti: Fastweb, Vodafone, Unicredit, Tim fra gli altri.

    Risultati incoraggianti, quindi. Anche se all’estero – Stati Uniti in testa – le start-up di successo hanno ben altri numeri e dimensioni. Come mai? “Il problema”, risponde Violante, “è che nel nostro paese tutti (anche noi) fanno fatica a produrre della vera innovazione. Si cerca solamente di migliorare ciò che già esiste e non si tenta di realizzare qualcosa di nuovo”. L’amministratore della società che si è sviluppata all’inizio degli anni 2000 all’interno dell’Acceleratore di Impresa del Politecnico di Milano punta il dito anche contro la ricerca universitaria. “Dopo diversi tentativi, anche con università diverse dal Politecnico, ci siamo dovuti rassegnare all’idea di internalizzare la ricerca”, dice Violante: “I risultati delle nostre collaborazioni sono stati scarsi. Colpa di una preparazione non eccelsa ma soprattutto di un sistema – quello della ricerca in Italia – che porta i ricercatori universitari a passare gran parte del loro tempo a cercare altri lavori per arrotondare lo stipendio”.

    Ecco perché il successo di Neptuny è stato salutato con entusiasmo soprattutto dal Politecnico di Milano. Dice il delegato del rettore per l’Acceleratore d’Impresa Giuseppe Serazzi: “Riuscire ad avviare in Italia imprese hi-tech ad elevato contenuto di innovazione in strutture pubbliche, quindi con fondi assai limitati, è un’operazione di estrema difficoltà”.

    Nonostante questa situazione Neptuny, come Saec 02, continua il suo lavoro nell’ottimizzazione di sistemi informatici e nel “Capacity Planning”, ovvero nelle previsioni delle capacità dei sistemi, identificando i colli di bottiglia e analizzando i possibili scenari legati alle variazione dei parametri di business, delle piattaforme e applicazioni. Con la speranza che in Italia nel frattempo qualcosa cambi.

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