Che fine ha fatto il museo?

I quotidiani puntualmente l’annunciavano: questa sera osservazione notturna del cielo di Roma, per prenotazioni rivolgersi all’Osservatorio di Monte Mario. Da qualche tempo quell’invito non compare più. E non per la disattenzione di cronisti poco informati sugli eventi della Capitale, ma perché dal 2000 l’Osservatorio Astronomico e il Museo Copernicano di Villa Mellini sono chiusi al pubblico. Dopo i lavori di ristrutturazione in occasione del Giubileo, infatti, il complesso, che risale al 1938, non ha più riaperto. “Nel frattempo parte dell’importante collezione del museo è stata trasferita nei locali dell’Osservatorio di Monte Porzio Catone, vicino Frascati. E stessa sorte sembrerebbe toccare prossimamente ai preziosi volumi della biblioteca, esemplari a stampa e manoscritti datati dal 1493 al 1830”, denuncia Andrea Costa della sezione di Roma di Italia Nostra, promotrice di un Comitato per la salvaguardia del Museo che ne auspica la riapertura. Ma come stanno veramente le cose? “Queste accuse sono false”, risponde Roberto Buonanno, direttore dell’Osservatorio di Roma (ossia delle due sedi di Monte Porzio e Monte Mario). “Da molto tempo si parla di questo ipotetico trasloco, ma nessuno si è mai premurato di verificare i fatti denunciati. In realtà a Roma non è mai esistito un unico Museo Astronomico. Nel 1938 è stato aperto il Museo di Monte Mario che ha ereditato parte della collezione copernicana dello storico polacco Arturo Wolinski, mentre altri reperti sono stati destinati sin dagli anni Cinquanta all’Osservatorio di Monte Porzio. Dove si trovano, per esempio, alcune bellissime iconografie di Padre Secchi e delle splendide tavole solari di Atanasio Kircher e dove negli anni Settanta è stato istituito un laboratorio di restauro per i pezzi delle collezioni”. Un museo diviso in due, quindi, con antichi telescopi, planisferi e astrolabi appartenenti alla stessa tradizione storica distanti però chilometri gli uni dagli altri. “Questa situazione dà un grande dispiacere a noi polacchi, che abbiamo fatto tanto per avere un luogo che ricordasse gli studi romani del nostro illustre connazionale. Ora temiamo che le cose peggiorino ancora con il trasferimento di materiale a Monte Porzio”, dice Krysztof Zaboklicki, direttore dell’Accademia polacca di Roma. “Finora però nessuno ha denunciato la follia dei due musei”, va avanti Buonanno, “e tanto meno lo stato di abbandono dovuto alla mancanza di finanziamenti dell’Osservatorio di Monte Mario, che negli anni Ottanta ha anche subito un furto di oggetti di grande valore”. Mentre Italia Nostra, che vorrebbe venisse riaperto il museo negli spazi di Villa Mellini, suggerisce di lasciare tutto “com’era, dov’era”, Buonanno ha un desiderio diverso: riunire le due collezioni nella sede di Monte Porzio per affiancare gli strumenti antichi alle moderne apparecchiature dell’Osservatorio. “Quando dieci anni fa diventai direttore dell’Osservatorio di Roma decisi di spostare tutta l’attività di ricerca a Monte Porzio. Qui abbiamo avviato una struttura didattica chiamata Astrolab che permette la simulazione delle osservazioni astronomiche. La mia idea sarebbe quella di creare una sinergia tra passato e presente per permettere di comprendere meglio, grazie proprio alle simulazioni, la funzione di strumenti antichi, che altrimenti rischiano di rimanere polverosi oggetti inerti.”Oggi l’Osservatorio di Monte Mario ospita la sede amministrativa dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), l’ente istituito nel 2001 nel quale sono confluiti i 12 osservatori astronomici italiani. “Una scusa in più per chiudere il museo!”, commenta Maria Antonelli Carandini, presidente della Sezione di Roma di Italia Nostra. “In realtà le due strutture potrebbero benissimo convivere, gli spazi lo consentono”. E così il Comitato per la salvaguardia del Museo Astronomico Copernicano di Monte Mario ha già avanzato al ministro Letizia Moratti e al ministro Giuliano Urbani le seguenti richieste: che venga riportato nella sua originaria collocazione il materiale già trasferito, che vengano riaperti quanto prima il Museo e la Biblioteca e che venga ripresa l’attività divulgativa. “Sulla funzione didattica dell’Osservatorio di Roma bisognerebbe però valutare costi e benefici”, dice Paolo De Bernardis del Dipartimento di Fisica dell’Università “La Sapienza”. “Un osservatorio situato al centro di una grande città non può competere con l’attività di ricerca dei modernissimi telescopi che si trovano in Cile o alle Canarie, per esempio. È ovvio che le condizioni atmosferiche di quelle zone consentono un’osservazione incomparabilmente migliore. L’Osservatorio di Roma con la sua torre solare potrebbe però forse fornire ancora un valido supporto didattico per l’osservazione del Sole”.

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