Categorie: Società

Collaborare sì, ma non troppo

Stanno per iniziare sette anni cruciali, per la ricerca europea. Manca ormai poco all’inizio del VII Programma Quadro, il piano di finanziamenti alla ricerca della Commissione Europea destinato a coprire il periodo dal 2006 al 2013, durante il quale si deciderà se la ricerca europea può davvero tenere il passo con quella statunitense e asiatica, e diventare, nella formulazione altisonante dell’Agenda di Lisbona, l’”economia della conoscenza più competitiva del pianeta”.

Le novità previste dal nuovo programma quadro saranno diverse, a cominciare dalla durata, la più lunga finora prevista per un Framework Programme, e dal budget complessivo di oltre 50 miliardi di Euro. Ma soprattutto, la Commissione cercherà di venire incontro alle molte insoddisfazioni della comunità scientifica per le modalità di gestione e assegnazione dei fondi nei precedenti programmi. Procedure troppo complicate e faticose, troppa burocrazia, incapacità dei Programmi Quadro di creare competività nei settori strategici, e così via.

Alcune novità sono di natura pratica, come una (parziale, meglio non farsi troppe illusioni) semplificazione delle procedure per la presentazione delle domande di finanziamento e per la gestione amministrativa dei progetti. Ma altre promettono, almento sulla carta, un vero e proprio cambiamento di filosofia nella gestione della ricerca europea. Il più rilevante è forse la creazione di un Consiglio Europeo della Ricerca, che avrà il compito di fare tutto quello che i classici strumenti di finanziamento Ue non fanno. In particolare, finanziare singoli gruppi di ricerca e stimolare una sana competizione tra essi, anziché puntare tutto su integrazione e cooperazione come tradizionalmente fa la commissione.

Del gruppo fanno parte 22 membri di cui, per l’Italia, Salvatore Settis, direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa, e Claudio Bordignon, direttore scientifico dell’Istituto San Raffaele di Milano. Proprio quest’ultimo ha presentato le prossime attività dello European Research Council (Erc) nel corso di un incontro sul VII Programma Quadro e la ricerca biomedica, organizzato a Ferrara dalla Conferenza dei Rettori delle Università Italiane, il 25 ottobre.

La storia dello Erc inizia nel 2004, quando un vertice Ue individua la necessità di uno strumento per finanziare la ricerca di base in modo più mirato ed elastico rispetto a quanto consentito dagli attuali progetti integrati o network di eccellenza, su cui si basano i finanziamenti europei. L’anno successivo la commissione propone quindi la creazione di un Consiglio Europeo, finanziato dalla sezione “Idee” del VII Programma Quadro. Grazie all’attività di un gruppo di valutazione vengono individuati i 22 membri, e nell’ottobre del 2005 il consiglio si riunisce per la prima volta.

Nel suo lavoro l’Erc si è dato alcune parole d’ordine molto chiare: premiare l’eccellenza scientifica come unico criterio di valutazione; finanziare gruppi singoli di ricerca e stimolare, ebbene sì, un po’ di sana competizione, uscendo dalla logica della cooperazione e della creazione di grandi gruppi di ricerca che guida la maggior parte delle azioni europee. Infine, finanziare quei gruppi al 100 per cento, in modo che possano dedicarsi solo al progetto per cui sono stati scelti.

L’Erc gestirà direttamente un budget di 7460 milioni di Euro spalmato sui sette anni del programma quadro. Il budget per il primo anno sarà di 30 milioni di Euro, con cui il consiglio concederà circa 200 starting grants all’anno, che hanno lo scopo di aiutare giovani ricercatori a creare un proprio team di ricerca indipendente. A queste verranno affiancate le advanced grants, dirette invece a ricercatori già affermati. La prima “call for proposals” partirà all’inizio del 2007.

Nel corso dei lavori, spiega lo stesso Bordignon, i membri dell’Erc sono stati animati dalla ricerca quasi ossessiva di autonomia da Bruxelles, a cominciare dalla scelta di non riunirsi mai nella capitale belga. A conferma del fatto che l’idea dietro questa iniziativa è quella di permettere alla comunità scientifica di “riprendere” il controllo delle strategie di ricerca europee, e slegarle dalle priorità della Commissione Europea che, è bene ricordarlo, sono diverse: la Commissione Europea non è un ente finanziatore della ricerca, e i Programmi Quadro sono strumenti con cui attua le disposizioni del trattato europeo, che mettono al primo posto l’integrazione tra le economie nazionali e la costruzione dell’identità europea.

Nicola Nosengo

Scrittore e giornalista. Dopo essersi laureato in Scienze della Comunicazione all'Università di Siena ed aver frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste, si dedica al giornalismo scientifico, scrivendo articoli sulla tecnologia, sulle neuroscienze e sulla medicina. Pubblica nel 2003 il suo primo lavoro L'estinzione dei tecnosauri, in cui parla di tutte le tecnologie che non sono sopravvissute allo scorrere del tempo. Attualmente tiene una rubrica mensile sulla rivista Wired dedicata allo stesso tema.Tra il 2003 e il 2007 collabora con diverse redazioni come L'espresso, La Stampa, Le Scienze, oltre che aver partecipato alla realizzazione dell'Enciclopedia Treccani dei Ragazzi.Nel 2009 ha pubblicato, con Daniela Cipolloni, il suo secondo libro, Compagno Darwin, sulle interpretazioni politiche della teoria dell'evoluzione.

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