Energia: ecco come si immagazzina nelle cellule

microtuboli: ecco come immagazzinano energia

Microtuboli e filamenti funzionano come macchine dentro le nostre cellule: le riorganizzano, le dividono, ne permettono il movimento. E potrebbero essere la chiave di future terapie antitumorali, capaci di agire direttamente nelle cellule. Gli scienziati sono ancora lontani da averne compreso appieno il funzionamento ma un importante passo avanti potrebbe derivare dal lavoro di due ricercatori dell’Università di Padova. Giulio Ragazzon e Leonard Prins, infatti, sono riusciti a modellizzare il funzionamento dei filamenti cellulari, fino a poter quantificare l’energia immagazzinata da queste nanostrutture. La ricerca è stata appena pubblicata su Nature Nanotechnology e, chiarendo alcuni meccanismi chimici del processo di formazione dei filamenti, apre la strada allo sviluppo di futuri nanomateriali interamente sintetici.

Come si accumula l’energia nelle cellule

I filamenti cellulari sono l’intelaiatura della cellula e sono dinamici. Sono formati da enzimi e per funzionare hanno bisogno di energia ricavata dai nutrienti. Tuttavia, il meccanismo chimico di accumulo di energia è poco compreso. Ed è qui che i due studiosi  hanno pensato a un nuovo approccio. Attingendo a due teorie, quella delle macchine molecolari e quella dei sistemi autoassemblanti, i due ricercatori sono riusciti a quantificare l’energia immagazzinata dai filamenti e poi a simulare un sistema che ne riproducesse il meccanismo. Inoltre, hanno compreso che è la migliore capacità di immagazzinare energia, più che la stabilità, a permettere la sopravvivenza di questi insiemi di molecole: “In presenza di un nutriente queste molecole evolverebbero nella struttura migliore per assimilare l’energia e non nella forma più stabile”, spiega Prins.

Tentativi di imitazione

Molti studi cercano di imitare filamenti e microtuboli ma con successo limitato. “I filamenti”, spiega Ragazzon, “sono oggetti transienti: prima non ci sono, poi ci sono per un certo tempo, poi spariscono. Ma sono anche molto più sofisticati. Le strutture realizzate finora sono transienti ma non riproducono le funzioni più elaborate, come ad esempio l’accumulo di energia”.

Lo studio pubblicato su Nature Nanotechnology si pone all’incrocio di discipline diverse e, di conseguenza, di possibili incomprensioni. La redazione dell’articolo scientifico non è stata facile e ha generato un aspro dibattito: “Io e Leonard”, racconta ancora Ragazzon, “siamo gente che le molecole le fa. Questa teoria è invece sviluppata dai fisici”. E così soltanto un’attenta revisione del vocabolario ha permesso alla ricerca di essere pubblicata.

Future terapie antitumorali

Giulio Ragazzon e Leonard Prins
Leonard Prins e Giulio Ragazzon, autori dello studio pubblicato su Nature Technology

Questo complesso lavoro teorico apre le porte a nuovi nanomateriali, capaci di imitare il funzionamento dinamico dei microtuboli. “Ad oggi”,  afferma Ragazzon, “nessuno è in grado di assemblare molecole in sistemi dinamici capaci di immagazzinare energia”. Questi materiali invece potrebbero, per esempio, spostarsi là dove ci sono più nutrienti e cambiare la forma della cellula: è futuristico ma si possono immaginare sistemi artificiali che riconoscano aree tumorali e agiscano direttamente su quelle cellule. “Ci vorranno anni per avere qualcosa che funzioni per davvero in modo simile ai microtuboli. Per ora – conclude – abbiamo individuato i punti sui quali cominciare a lavorare”.

Riferimenti: Ragazzon, L. J. Prins: “Energy consumption in chemical fuel-driven self-assembly”, Nature Nanotechnology.

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