Come misurare gli effetti dei telefonini sul cervello

Oggi nel mondo si contano circa sei miliardi di cellulari attivi. Oggetti di cui non possiamo più fare a meno, ma il cui uso si scontra con le numerose incertezze relative alla loro eventuale pericolosità per l’organismo umano. Negli ultimi anni, gli scienziati si sono interrogati sull’effetto delle onde elettromagnetiche emesse dalle antenne dei dispositivi, ma non è mai stato facile ottenere dati esaustivi. A spiegare come il cervello venga influenzato dalle radiazioni potrebbe ora essere il metodo sperimentale descritto da uno studio su Pnas. Anche se a prima vista potrebbe sembrare uno scherzo di Halloween, quello che gli scienziati propongono per indagare il fenomeno è un cubo in Pvc pieno di materia cerebrale bovina.

A mettere a punto questo metodo sono stati David Gultekin, fisico del Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di New York e il collega Lothar Moeller dei Bell Laboratories di Holmdel, nel New Jersey. La loro idea prometterebbe di mandare in pensione i vecchi sistemi di misurazione delle radiazioni nei tessuti cerebrali, tuttora condizionati da numerosi difetti che ne compromettono l’attendibilità. Nello specifico, la coppia di scienziati ha optato per un modello tridimensionale di dimensioni più che realistiche, visto che il cubo di Pvc misura 14 cm di lato.

Un’altra particolarità del modello di Gultekin e Moeller riguarda l’assenza di sonde di misurazione all’interno della materia cerebrale. In precedenza, gli studi sulla portata delle onde elettromagnetiche sono stati condotti con strumenti invasivi che, in alcune condizioni, potevano causare errori di misurazione. Il cubo di Pvc, invece, viene analizzato da sensori esterni e un apparecchio a risonanza magnetica nucleare (Nmr) che misurano la diffusione del calore prodotto dalle emissioni di una antenna posta nelle vicinanze. Proprio come se fosse un cellulare appoggiato all’orecchio di una persona.

I due ricercatori hanno così eseguito diversi test di misurazione della durata di 12 minuti modulando la potenza dell’antenna (da 125 a 2000 milliWatt). I risultati hanno mostrato chiaramente le aree della materia cerebrale in cui si diffondeva il calore prodotto dalle radiazioni. Insomma, sebbene non presenti alcuna novità sotto il punto di vista fisiologico, il cubo di Pvc potrebbe rivelarsi un ottimo strumento per indicare agli scienziati quali sono le aree cerebrali più a rischio. Tuttavia, prima di diventare uno standard riconosciuto il set sperimentale deve essere ancora approvato da vari organismi di certificazione.

Il nuovo metodo di Gultekin e Moeller potrebbe aiutare gli altri scienziati a capire se le preoccupazioni sulle onde elettromagnetiche siano fondate o meno. Già nel 2011 l’International Agency for Research on Cancer (Iarc) aveva elaborato un parere secondo cui le emissioni dei cellulari andrebbero considerate come possibili agenti cancerogeni del gruppo 2B (Vedi Galileo: I cellulari possono causare tumore al cervello). Ma i dati non bastano mai. E a dirla tutta, non è neanche detto che siano proprio le radiazioni il vero problema dei dispositivi mobili (vedi Galileo: Pedoni, attenti agli sms).

Riferimenti: Pnas doi/10.1073/pnas.1205598109

Credits immagine: Leonard John Matthews/Flickr

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