In soli 50 anni metà della popolazione mondiale delle orche (note anche come balene assassine) potrebbe scomparire a causa della concentrazione ancora alta di PCB (composti organici tossici noti come policrorobifenili) nelle acque dei nostri oceani, oltre 40 anni dopo la loro messa al bando. Lo spiega uno studio pubblicato su Science e condotto dalla Aarhus University.
I PCB sono stati utilizzati a partire dagli anni ’30 nella produzione di circuiti elettronici e di alcuni tipi di plastiche. Assieme al DDT e ad altri pesticidi organici oggi questi composti sono presenti in concentrazioni elevate nelle acque dei nostri oceani.
Nella ricerca, il team ha spiegato come le orche, che compongono l’ultimo anello della catena alimentare, sono tra i mammiferi con la più alta concentrazione di PCB presente nei loro tessuti (fino a 1300mg di PCB al chilo). Questo si osserva soprattutto in aree altamente contaminate come le acque che circondano il Brasile, lo stretto di Gibilterra e il Regno Unito. Altri studi hanno già mostrato come una concentrazione di soli 50mg per chilo può comportare infertilità e avere effetti non trascurabili sul sistema immunitario degli animali.
Ma come mai i PCB tendono ad accumularsi nei tessuti delle orche, uno dei più diffusi mammiferi acquatici sul pianeta? La dieta delle balene assassine è composta prevalentemente di foche e grandi pesci quali tonno e squali – che, essendo a loro volta abbastanza in alto nella piramide alimentare, contengono già alti livelli di PCB nei loro tessuti. Popolazioni di orche con una dieta che comprende pesci più piccoli quali aringhe e sgombri presentano quantità di PCB molto inferiori. Inoltre, i PCB possono venire trasmessi di madre in figlio tramite il latte, facendo si che questi composti tossici rimangano all’interno del corpo degli animali anziché essere rilasciati nell’ambiente dove possono eventualmente decomporsi.
Durante la ricerca, il team ha confrontato gli elementi ottenuti negli studi più recenti. In questo modo, i ricercatori hanno potuto ottenere dati sui livelli di PCB di oltre 350 orche in tutto il mondo. Utilizzando dei modelli, hanno poi potuto prevedere gli effetti che questi composti avrebbero avuto sulla prole degli animali, sul loro sistema immunitario e sulla loro mortalità nel prossimo 100 anni.
“I risultati ottenuti sono stati sorprendenti,” ha commentato Jean-Pierre Desforges, che ha preso parte alla ricerca, “Più della metà delle popolazioni a cui le orche studiate appartenevano sono gravemente affette dai PCB”.
Desforges ha aggiunto che questo significa sempre meno esemplari in ciascuna delle popolazioni, soprattutto nelle acque più contaminate, in cui è ormai estremamente raro osservare esemplari giovani.
“Questo mostra che gli sforzi compiuti finora non sono stati efficaci ad impedire l’accumulazione di PCB in specie che vivono quanto le orche,” ha concluso Paul D. Jepson, co-autore dello studio, “C’è un urgente bisogno di ulteriori iniziative”.
Riferimenti: Science