Corsa al vaccino

Per fermare l’epidemia, per invertire il trend di un’infezione che da 25 anni continua a mietere in tutto il mondo un numero straordinariamente alto, e sempre maggiore, di vittime, serve un vaccino. Adesso è più vicino. Grazie alla Fondazione Bill & Melinda Gates che con questo obiettivo ha deciso di elargire un mega finanziamento alla ricerca scientifica: 287 milioni di dollari per cinque anni per accelerare la scoperta della nuova terapia. Andranno a un network internazionale formato da 165 esperti di 19 nazioni del mondo.

Una notizia che porta una ventata di ottimismo all’apertura della XVI conferenza internazionale sull’Aids, che dal 13 al 18 agosto riunirà a Toronto (Canada) circa 200.000 persone. Abbiamo incontrato Norman Letvin della Harvard University e l’affiliato Beth Israel Deaconess Medical Center di Boston. Letvin ha incassato dai coniugi Gates 18 milioni di dollari per coronare il proprio progetto di ricerca.

Professor Letvin, che cosa significa per lei avere a disposizione tutti questi soldi?

“È straordinario. Sono entusiasta di beneficiare di questo finanziamento per portare avanti la sperimentazione del vaccino su cui lavora il mio laboratorio. Perché dobbiamo fare qualcosa, non si può stare a guardare. Ci sono 5 milioni di nuovi sieropositivi ogni anno. Tutti moriranno. E la maggior parte di queste persone si trova in paesi in via di sviluppo dove non ci sono infrastrutture mediche e l’accesso alle cure è estremamente limitato”.

Dopo 25 anni la battaglia contro l’Aids sembra ancora tutta da giocare. Come mai si è rivelato tanto difficile trovare un vaccino contro il virus?

“Quando iniziò l’epidemia molti pensavano che sarebbe stato semplice scoprire il vaccino, perché la medicina era riuscita a vincere ed eradicare moltissime malattie infettive. Sono state sperimentate tutte le tradizionali strategie. E nessuna ha funzionato, perché il virus dell’Hiv ha una straordinaria capacità di mutare geneticamente, impedendo all’organismo di generare gli anticorpi e bloccare l’ingresso del patogeno nelle cellule”.

Qual è la sua tattica?

“Abbiamo scoperto che, a differenza degli altri virus, la reazione immunitaria scatenata dall’Hiv non è controllata dagli anticorpi. Un vaccino tradizionale genera gli anticorpi che neutralizzano l’ingresso del patogeno nelle cellule. Con l’Hiv non funziona perché la risposta immunitaria è controllata prevalentemente dalle cellule T killer citotossiche. Questa sottopopolazione di globuli bianchi non riconosce il virus libero, bensì riconosce le cellule già infettate dal virus e poi le uccide. Un vaccino di questo tipo, capace di generare cellule T citotossiche, quindi, non previene l’infezione, ma è terapeutico, perché spazza via le cellule già infette”.

Come avete ottenuto questo tipo di vaccino?

“Sono anni che ci lavoriamo. Adesso sappiamo che se prendiamo dei geni del virus, li inseriamo in un piccolo pezzo di Dna chiamato plasmide e lo inoculiamo in dosi molto elevate nel muscolo si genera una risposta immunitaria, fatta di pochi anticorpi ma di una gran quantità di cellule T citotossiche. È lo stesso principio della terapia genica, che sfrutta un vettore per sostituire geni difettosi con i geni buoni. La terapia genica non ha funzionato come si sperava proprio perché il vettore innesca una reazione immunitaria che vanifica tutta l’efficacia. Al contrario, questa forte risposta immune è esattamente quella che stavamo cercando contro l’Hiv”.

A che punto è la sperimentazione?

“Nelle scimmie abbiamo dimostrato che il vaccino porta a un’infezione più moderata, un tasso di replicazione più basso del virus, e una più lunga sopravvivenza. Risultati che ci fanno sperare che sia vicino un vaccino per gli essere umani, che se pure non è in grado di prevenire l’infezione, sarà in grado di allungare sensibilmente la speranza di vita e il periodo che intercorre tra l’infezione dell’Hiv e l’esordio dell’Aids conclamato”.

Quale impatto avrebbe la nuova terapia se si rivelasse efficace?

“Quando in Africa chiedi ai giovani adulti infetti qual è la loro più grande paura, la risposta che tutti danno è di non riuscire a vivere abbastanza per crescere i propri figli. Se grazie al vaccino le persone riusciranno a vivere di più, non solo avremmo migliorato la loro qualità di vita, ma avremmo anche dato ai bambini la possibilità di non finire in mezzo a una strada, senza famiglia. Ma c’è un’altra ragione. La probabilità di trasmissione del virus nel rapporto sessuale è direttamente proporzionale alla quantità di virus che si replica nell’organismo. Se tutte le persone infette saranno vaccinate, l’Aids si trasmetterà con una frequenza molto più bassa. E si potrebbe invertire il trend dell’epidemia a livello globale”.

Oggi i farmaci antiretrovirali permettono di rallentare l’infezione. Ma in molti paesi non sono disponibili perché troppo costosi. Toccherà la stessa sorte anche al vaccino di nuova generazione?

“No. Il vaccino sarà decisamente meno costoso dei farmaci, che vanno assunti quotidianamente. Inoltre, i farmaci comportano pesanti effetti collaterali e perdono di efficacia man mano che il virus cambia sequenza e sviluppa resistenza. Per questo gli antiretrovirali non guariscono dall’infezione. L’unico modo per invertire il trend dell’epidemia è puntare sui vaccini”.

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