Categorie: Salute

Cosa imparare da ebola

È di qualche giorno fa la notizia della creazione di un vaccino per l’ebola efficace al 100%. Ma nonostante il numero di infezioni dovute al virus in Guinea, Liberia e Sierra Leone sia sceso a sensibilmente (appena due quelli segnalati nell’ultima settimana), rispetto al picco di centinaia, il timore non è ancora svanito e la battaglia è ancora lunga. L’epidemia nelle zone occidentali dell’Africa è ben lungi dall’essere sotto controllo, come spiega Joanne Liu, presidente di Medici Senza Frontiere, in un commento ospitato questa settimana sulle pagine di Nature: “La lezione imparata da ebola sarà molto preziosa per affrontare le epidemie future, come una vera comunità mondiale per la salute”, afferma Liu.

Per quanto possa spaventarci il pensiero di una pandemia, il timore dei medici è che presto o tardi il mondo potrebbe trovarsi a dover affrontare una nuova malattia, che potrebbe essere trasmessa con maggior facilità di quanto faccia il virus dell’ebola. La recente epidemia ha stimolato i ricercatori e gli esperti di salute pubblica a rivedere l’approccio del mondo alle minacce pandemiche. Ciò che servirebbe è un miglior monitoraggio degli agenti patogeni, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. Dovremmo essere rapidi nella risposta alle epidemie, con stanziamenti globali per sviluppare velocemente contromisure, come farmaci e vaccini. “Ebola è stato un campanello di allarme, non solo per l’Africa, ma per il mondo intero. Non dovremo mai più trovarci in una tale posizione”, ha detto Margaret Chan, direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Le maggiori minacce pandemiche sono agenti patogeni sconosciuti che si diffondono facilmente, ad esempio per via aerea, verso i quali gli esseri umani sono poco immuni. Spesso le patologie umane hanno origine in ospiti animali: anche per ebola si è ipotizzato il salto di specie dal pipistrello all’uomo, nel sud della Guinea. Questa consapevolezza può aiutare il mondo a prepararsi. Gli scienziati potrebbero monitorare i virus nelle popolazioni animali e nelle popolazioni umane che vi vivono a contatto, per identificare microorganismi in grado di oltrepassare le barriere di specie. La sorveglianza sarà fondamentale proprio nelle aree più povere e più a rischio, mentre al momento la ricerca e il monitoraggio sono sviluppati solo nei Paesi più ricchi. È quindi neccessario lo sviluppo di sistemi locali che in breve tempo possano valutare situazioni a rischio, direttamente sul posto, con scienziati ed epidemiologi esperti.

Il mondo dovrebbe rispondere, e velocemente. Cosa che non è accaduta con ebola: i primi focolai si sono sviluppati a dicembre del 2013, ma la malattia venne identificata solo a marzo del 2014, quando si era già diffusa. L’allarme tempestivo di Medici Senza Frontiere venne ignorato e la risposta a livello mondiale ebbe inizio soltanto nel settembre successivo. Secondo Joanne Liu “Ebola è andata fuori controllo a causa di una mancanza di leadership politica, e non di finanziamenti insufficienti o scarso coordinamento dei sistemi di allarme e delle strutture mediche”. L’epidemia ha però messo in luce come siano deboli i supporti ai Paesi più poveri per sviluppare tutte queste capacità.

I governi e le organizzazioni internazionali stanno ora valutando una serie di proposte per evitare che si ripeta ciò che è successo. Tra queste sono inclusi un aumento del sostegno finanziario per la sorveglianza nelle nazioni a basso e medio reddito, e la riforma dell’Oms. Un’idea è quella di creare un centro di preparazione e risposta alle emergenze all’interno dell’Oms, ma autonoma da essa, per evitarne la politicizzazione. Un altro punto fondamentale riguarda lo sviluppo di vaccini e farmaci che siano accessibili anche ai Paesi meno ricchi: la creazione di associazioni no-profit farmaceutiche internazionali, che riuniscano enti di ricerca, di beneficenza, governi, industrie farmaceutiche, potrebbe essere un’ottima soluzione per lo sviluppo di contromisure contro future minacce alla salute globale.

Riferimenti: Nature doi:10.1038/524027a
Credits immagine: EU Humanitarian Aid and Civil Protection/Flickr CC

Anna Lisa Bonfranceschi

Giornalista scientifica, a Galileo Giornale di Scienza dal 2010. È laureata in Biologia Molecolare e Cellulare e oggi collabora principalmente con Wired e La Repubblica.

Articoli recenti

Mesotelioma, 9 casi su 10 sono dovuti all’amianto

Si tratta di una patologia rara e difficile da trattare. Colpisce prevalentemente gli uomini e…

3 giorni fa

Uno dei più misteriosi manoscritti medioevali potrebbe essere stato finalmente decifrato

Secondo gli autori di un recente studio potrebbe contenere informazioni sul sesso e sul concepimento,…

6 giorni fa

Ripresa la comunicazione con la sonda Voyager 1

Dopo il segnale incomprensibile, gli scienziati hanno riparato il danno a uno dei computer di…

1 settimana fa

Atrofia muscolare spinale, ampliati i criteri di rimborsabilità della terapia genica

L’Aifa ha approvato l’estensione della rimborsabilità del trattamento, che era già stato approvato per l'atrofia…

1 settimana fa

Così i tardigradi combattono gli effetti delle radiazioni

Resistono alle radiazioni potenziando la loro capacità di riparare i danni al dna. Piccolo aggiornamento…

1 settimana fa

Leptospirosi: perché crescono i casi a New York?

Mai così tanti casi di leptospirosi in un anno dal 2001: a contribuire all’aumento delle…

2 settimane fa

Questo sito o gli strumenti di terze parti in esso integrati trattano dati personali (es. dati di navigazione o indirizzi IP) e fanno uso di cookie o altri identificatori necessari per il funzionamento e per il raggiungimento delle finalità descritte nella cookie policy.

Leggi di più