Categorie: Salute

Cosa sta succedendo a Fukushima

“Al momento non ci sono rischi, ma continueremo a monitorare la situazione”. È il commento stringato – di quelli che, dopo due anni e mezzo, ci siamo ormai quasi abituati a sentire – dell’azienda giapponese Tokyo Electric Power (Tepco), a proposito delle ultime preoccupanti notizie che vengono dalle macerie di  Fukushima, la disastrata centrale nucleare danneggiata dai terremoti e maremoti dell’11 marzo 2011. In particolare, Tepco ha dovuto ammettere, per la prima volta, che le acque radioattive sotto la centrale sono finite nell’Oceano Pacifico. E, come se non bastasse, questa settimana si sono registrate due nuove fuoriuscite di vapore nei pressi del reattore 3. Anche se, continua l’azienda, “non abbiamo rilevato alcun aumento nei livelli di radioattività” nei dintorni del sito. 

L’annuncio della Tepco, riportato dall’Ansa, arriva subito dopo la vittoria elettorale dei liberaldemocratici di Shinzo Abe (tra gli eletti alla Camera Alta c’è anche l’ex-wrestler Antonio Inoki). Il che genera qualche sospetto nelle menti dei dietrologi: il nuovo premier, infatti, è un convinto nuclearista che sostiene ardentemente la causa del riavvio dei reattori in Giappone. “Riteniamo che l’acqua contaminata sia fuoriuscita nel mare”, ha detto un portavoce dell’azienda elettrica giapponese. Correggendo il tiro rispetto alle dichiarazioni di inizio mese, quando aveva assicurato il contrario. Anche perché i risultati delle analisi dei campioni di acqua raccolti tra oceano e reattori parlano chiaro: la presenza di cesio-134 è aumentata del 110%. Di fronte a questa evidenza, la tesi secondo la quale la contaminazione di acqua è stata arginata non poteva più reggere.

Per quanto riguarda il reattore 3, le notizie sono ancora piuttosto vaghe. L’azienda ha rilasciato un comunicato stampa in cui spiega che “intorno alle 8:20 di oggi [18 luglio, nda] un nostro operaio, che stava lavorando alla rimozione dei detriti e indossava una telecamera, ha notato un gas simile a vapore che si diffondeva nell’aria nei pressi della parte centrale del quinto piano dell’unità 3”. E che comunque “non è stata rilevata alcuna variazione significativa nei parametri principali legati all’impianto (temperatura, pressione e densità di xeno)”. All’annuncio iniziale sono seguiti altri dieci follow-up di monitoraggio, in cui l’azienda fa sapere che la situazione “resta stabile”.

Nonostante la lunga serie di incidenti, comunque, il nuovo governo giapponese continua, almeno per ora, a fare buon viso a cattivo gioco. Un portavoce di Abe, infatti, ha fatto sapere che i piani non cambiano: saranno riattivate tutte le unità che la Nuclear Regulation Authority (Nra) giapponese “riterrà sicure: l’energia a basso costo è necessaria per la Abenomics [il piano del premier per rilanciare l’economa del Sol Levante, nda]”.

Ecco quali sono state – e saranno ancora, per chissà quanto tempo – le conseguenze di un incidente nucleare grave come quello di Fukushima. Solo durante l’evacuazione sono morte circa 600 persone, soprattutto anziani e malati – e sarebbe potuta andare molto peggio. Resta da capire cosa accadrà in futuro. Anche se, come vi avevamo raccontato, non è facile quantificare esattamente il numero di vittime o di persone che si ammaleranno a causa dell’esposizione alle radiazioni. I risultati degli studi sono spesso contrastanti e incerti: un lavoro pubblicato l’anno scorso dagli scienziati di Stanford su Energy and Environmental Science quantifica in 15-1.100 decessi e 24-1.800 morbidità legate al cancro nei prossimi cinquant’anni. Una forchetta molto ampia, con valori più probabili, rispettivamente, 130 e 180. Al di là dei numeri oscillanti, insomma, l’unica certezza è che le radiazioni non fanno bene. L’ultimo caso eclatante è stato quello di Masao Yoshida, ex-direttore della centrale di Fukushima, che si ammalò di cancro a novembre 2011, dopo essere rimasto eroicamente nei pressi del reattore a dirigere le operazioni di contenimento dei danni post-incidente. Yoshida è morto il 9 luglio scorso. La Tepco, dal canto suo, sostiene che la malattia non è legata all’esposizione alle radiazioni. Ma chi potrà mai dirlo con sicurezza?

Via: Wired.it

Credits immagine: IAEA Imagebank/Flickr

Sandro Iannaccone

Giornalista a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. È laureato in fisica teorica e collabora con le testate La Repubblica, Wired, L’Espresso, D-La Repubblica.

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  • "Ma chi potrà mai dirlo con sicurezza?"

    Decenni di studi medici che hanno appurato che i tempi di latenza dei tumori solidi radioindotti sono come minimo di 5-10 anni, e non di 8 mesi.

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