Categorie: Spazio

Così muore un esopianeta

Un giorno, nel lontano futuro, l’evoluzione del Sole lo porterà a collassare e, probabilmente, ad assumere la forma di una nana bianca, una stella di piccole dimensioni, con una bassa luminosità e un colore tendente al bianco. Quando questo accadrà, l’incredibile attrazione gravitazionale della stella comincerà a strappare via materia ed elementi dai pianeti interni del Sistema solare, assorbendone la massa e accrescendo la propria. Allo stesso modo, secondo Jay Farihi e i suoi colleghi delle Università di Warwick e di Cambridge, la nana bianca GD 61, che si trova a circa 170 anni luce da noi, avrebbe distrutto un esopianeta roccioso e ricco d’acqua, riducendolo a un polveroso disco circumstellare.

La scoperta, illustrata in uno studio pubblicato su Science, mostra per la prima volta come una nana bianca sia in grado di risucchiare e accumulare acqua e materiali rocciosi, entrambi indispensabili per un pianeta considerato abitabile. Tramite il Cosmic Origins Spectrograph montato a bordo dell’Hubble Space Telescope e il Keck Telescope alle Hawaii, Farihi e il suo team hanno analizzato la luce emessa da GD 61 per studiare la quantità di materiali rocciosi che circondano la stella, tra cui ossigeno, magnesio, alluminio, silicio, calcio e ferro. Gli scienziati hanno quindi trovato in particolare una grande abbondanza di ossigeno, una vera e propria firma chimica che indica che i detriti in orbita attorno alla nana bianca devono essere appartenuti a un corpo più grande, probabilmente un esopianeta di almeno 90 km di diametro, che possedeva il 26% in massa di acqua (contro lo 0,023% della Terra) e che orbitava attorno alla stella da prima che essa diventasse una nana bianca.

“Questi due ingredienti, una superficie rocciosa e l’acqua, sono la chiave nella ricerca dei pianeti abitabili esterni al nostro sistema, quindi è estremamente eccitante l’averli trovati insieme, per la prima volta, al di fuori del Sistema solare” ha commentato Boris Gansicke, dell’Università di Warwick.

Lo studio suggerisce inoltre che l’acqua possa effettivamente sopravvivere all’evoluzione di stelle come il Sole in nane bianche, soprattutto se essa si trova al di sotto della superficie.

Riferimenti: Science doi: 10.1126/science.1239447

Credits immagine: Mark A. Garlick, space-art.co.uk, University of Warwick and University of Cambridge

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