Salute

Come è cambiata l’aspettativa di vita con la pandemia

La pandemia di Covid-19 ha cambiato il mondo. Non basta però il brutale conto dei morti, per quanto inclemente, per capire realmente cosa è voluto dire Covid-19 per le nostre società: 133mila vite spezzate solamente nel nostro paese (quasi 5 milioni a livello globale) sono moltissime, ma impallidiscono se paragonate agli effetti complessivi della pandemia sulla salute e sulla vita di tutti noi. Per mettere le cose in prospettiva ci vengono in aiuto un paio di ricerche recenti, che hanno calcolato proprio l’impatto dell’epidemia sull’aspettativa di vita che si registra oggi in Italia e nel resto del mondo, in seguito all’arrivo di Covid-19.

Anni di vita persi

La prima, pubblicata sul British Medical Journal, è stata coordinata dall’università di Oxford, e si basa sull’analisi dei dati contenuti nello Human Mortality Database, un archivio gestito dall’Università di Berkeley e dal Max Planck Institute for Demographic Research, in cui vengono raccolti tutti i dati demografici (compresi quelli sulla mortalità) diffusi dalle istituzioni sanitarie delle principali nazioni del pianeta. I dati relativi al 2020 riguardano 37 nazioni (l’Italia è una di queste) e i ricercatori li hanno utilizzati per calcolare come sia cambiata l’aspettativa di vita dei loro cittadini, e quanti anni di vita sono andati perduti, di conseguenza, per colpa di Covid-19.


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Guardare ai dati ufficiali sui morti per Covid-19 non è infatti un misuratore accurato: non tutte le nazioni li calcolano allo stesso modo, e non tiene comunque conto delle morti indirette causate dalla pandemia. Più giusto, in questo senso, utilizzare la mortalità in eccesso, che confronta la mortalità assoluta di un anno con la media degli anni precedenti. In questo modo emergono non solo le morti causate realmente da Covid-19 (che siano più o meno di quelle ufficiali), ma anche i decessi causati da tumori, problemi cardiovascolari, suicidi, e tutte le altre possibili conseguenze di una crisi che ha avuto un impatto devastante sull’occupazione, sui determinanti socioeconomici della salute, e sugli ospedali.

Anche la mortalità in eccesso però non restituisce una fotografia perfetta di quello che è successo, perché (è brutto dirlo) ma non tutte le morti sono uguali. Covid-19 uccide principalmente persone over 65, e soprattutto ultra 80enni, che avrebbero comunque pochi anni ancora da vivere. Quando muore un giovane, o peggio un bambino, gli anni di vita potenziali che vanno perduti, non serve dirlo probabilmente, sono molti di più. Per questo motivo si utilizza spesso come metrica il calcolo degli anni di vita persi: tenendo conto dell’età di ciascun decesso, e dell’età media a cui avrebbe potuto aspirare di arrivare in assenza della malattia, si ottiene una valutazione più accurata del peso che ha avuto Covid 19 sulla società.

Venendo a noi, lo studio calcola che nei 37 paesi studiati si raggiunge la somma record di 28 milioni di anni di vita persi a causa della pandemia. Per capire l’entità del fenomeno, i ricercatori calcolano che rispetto all’epidemia influenzale del 2015 l’eccesso di anni di vita persi (la differenza tra l’atteso utilizzando l’aspettativa di vita media e l’osservato) nel 2020 è superiore di cinque volte.

Parlando di aspettativa di vita, in tutti i paesi analizzati per oltre un decennio si era assistito a un costante e progressivo miglioramento, ribaltato di colpo dall’arrivo della pandemia. Mentre nel 2020 in 31 delle 37 nazioni è crollata di colpo. Il crollo maggiore ha riguardato la Russia, con un’aspettativa inferiore di 2,32 anni rispetto al 2019, gli Stati Uniti (-1,98), la Bulgaria (-1,75), la Lituania (-1,61), e la Polonia (-1,61). A seguire troviamo immediatamente il nostro paese, dove un nato nel 2020 ha ora un’aspettativa di vita (si tratta di statistiche, non vanno ovviamente prese alla lettera) inferiore di 1,35 anni rispetto a quella che avrebbe avuto nascendo nel 2019.

L’indagine dell’Ocse

Un altro documento utile per valutare l’impatto che ha avuto la pandemia negli ultimi due anni è l’ultimo rapporto Ocse Health at a Glance 2021, pubblicato negli scorsi giorni, dedicato ovviamente agli effetti di Covid-19. Nell’area Ocse, da inizio pandemia allo scorso ottobre sono stati registrati 2,1 milioni di decessi causati ufficialmente da Sars-Cov-2. Una cifra enorme, che come dicevamo non rende conto dell’effettiva portata della tragedia che stiamo vivendo. Guardando all’eccesso di mortalità registrato nelle stesse nazioni, le morti in eccesso sono infatti superiori del 60% rispetto a quelle attribuite ufficialmente a Covid-19. Una circostanza che probabilmente è legata sia a una sottostima del numero reale di decessi provocati dal virus, sia ad un concomitante aumento della mortalità per altre cause, che almeno in parte si spiega con la difficoltà di accesso ai sistemi sanitari provocata dalle chiusure e dalle norme anti Covid, che ha impedito di curare pazienti cronici, ritardato nuove diagnosi di tumori e altre malattie.

Anche nel rapporto Ocse, l’aspettativa di vita è stata colpita duramente dalla pandemia. Se per i precedenti 50 anni era infatti aumentata costantemente in tutti i paesi dell’area, nel 2020 solo Giappone, Norvegia, Costa Rica, Danimarca, Finlandia e Lettonia non hanno visto un improvviso calo. Gli Usa nel 2020 hanno visto diminuire l’aspettativa di vita di 1,6 anni, la Spagna di 1,5, la Lituania di 1,3. Nel nostro paese la diminuzione sarebbe stata di 1,2 anni, passando quindi dagli 83,6 anni del 2019 a 82,4 nel 2020, portandoci dalle parti dell’Olanda, e appena al di sopra di Germania e Regno Unito.

A livello nazionale, nel nostro Paese la mortalità per tutte le cause è aumentata del 12,9% rispetto alla media quinquennio precedente e la prevalenza della depressione triplicata, raggiungendo un 17,3% nella prima parte del 2020. Gli screening oncologici sono crollati, con quelli per il tumore al seno ridotti del 38% secondo i dati del rapporto Ocse. L’ultimo rapporto I numeri del cancro in Italia 2021 fornisce numeri in linea con quelli citati dall’Ocse. 

Un’indagine dell’Osservatorio nazionale screening ha quantificato infatti il ritardo accumulato nel 2020 rispetto al 2019 in termini di inviti, test di screening e mesi di attesa: la riduzione degli inviti è stata pari al 33% per lo screening cervicale, al 26.6% per lo screening mammografico, al 31.8% per lo screening colorettale. La riduzione degli esami è stata pari al 43.4% per lo screening cervicale, al 37.6% per lo screening mammografico e al 45.5% per lo screening colorettale. Infine, i mesi standard di ritardo sono stati pari a 5.2, 4.5 e 5.5 rispettivamente per lo screening cervicale, mammografico e colorettale. Una situazione a cui ormai, dopo due anni, non si può porre rimedio se non per il futuro, e che nei prossimi anni è destinata ad aumentare sensibilmente il numero di decessi oncologici. Un’altra coda lunga, purtroppo, di questa pandemia.

Via: Wired.it

Credits immagine: Graham Ruttan on Unsplash

Simone Valesini

Giornalista scientifico a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. Laureato in Filosofia della Scienza, collabora con Wired, L'Espresso, Repubblica.it.

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