Crisi: la dieta mediterranea è troppo cara

Ce la invidiano in tutto il mondo, con innumerevoli (e più o meno di successo) tentativi di imitazione: dagli spaghetti alla bolognese alla caprese. La dieta mediterranea è sana, non ingrassa, e protegge da malattie cardiovascolari e tumori, tanto che l’Unesco l’ha aggiunta alla lista dei patrimoni immateriali dell’umanità. Purtroppo però, è anche cara, e sembra che sempre meno persone riescano a permettersela. A lanciare l’allarme sono i ricercatori dei Laboratori di Ricerca della Fondazione Giovanni Paolo II dell’ Università Cattolica di Campobasso, che in un articolo pubblicato su Bmj Open hanno mostrato come la crisi stia portando sempre più famiglie a preferire cibi più economici ma meno sani, con un conseguente aumento dei problemi legati all’obesità.

“La nostra ipotesi è partita da una constatazione piuttosto semplice – spiega Marialaura Bonaccio, primo autore dello studio – e cioè l’idea che il rincaro dei prezzi dei prodotti alimentari e l’impoverimento progressivo della popolazione potessero spiegare il dilagante fenomeno di obesità che negli ultimi anni sta interessando soprattutto i paesi del Mediterraneo, l’Italia su tutti”.

I ricercatori hanno così analizzato i dati di 13.000 persone provenienti dal progetto Moli-sani, un più ampio programma epidemiologico che dal 2005 ha reclutato oltre 25.000 cittadini della regione Molise per investigare il rapporto tra fattori genetici e ambientali e l’insorgenza di malattie croniche. Nel nuovo studio, il team di Bonaccio ha esplorato l’associazione tra il reddito dei soggetti analizzati e le loro abitudini alimentari.

I risultati hanno mostrato che il reddito influenza direttamente il grado di aderenza alla dieta mediterranea. I soggetti con entrate maggiori hanno infatti un’alta probabilità (circa il 72%) di seguire la dieta mediterranea, probabilità che decresce velocemente nelle fasce di popolazione più povere. Secondo i ricercatori, per i meno abbienti questo si traduce in una alimentazione meno sana, fatta spesso di cibi preconfezionati, più economici di quelli freschi tipici della nostra tradizione. Una situazione che ha delle ricadute dirette sulla salute: in queste fasce di popolazione l’obesità ha infatti una prevalenza del 36%, contro il 20% che si osserva tra coloro che hanno maggiori disponibilità economiche.

“Si tratta di un problema molto serio, che deve far riflettere non solo noi scienziati, ma soprattutto coloro che devono garantire il diritto alla salute per tutti i cittadini, indipendentemente dallo stato sociale ed economico”, commenta Giovanni de Gaetano, direttore dei Laboratori di Ricerca della Fondazione di Campobasso. “Accumulare prove a sostegno dei benefici della dieta mediterranea non basta più ormai. Dobbiamo assicurarci che tutti possano effettivamente seguirla”.

Riferimenti: Bmj Open doi: 10.1136/bmjopen-2012-001685

Credits immagine: benjieordonez/Flickr

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