Una porzione di cuore minuscola, costruita in laboratorio e perfettamente funzionante: è quanto hanno realizzato i ricercatori dell’università di Toronto e dell’università di Montreal, in Canada. Gli scienziati, infatti, hanno costruito un modello di ventricolo cardiaco di circa mezzo millimetro di diametro in grado di contrarsi e di pompare sostanze fluide, proprio come accade nel sistema cardiovascolare umano. La ricerca, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Science Advances, promette in futuro di offrire un approccio completamente nuovo per la ricerca sulle malattie cardiovascolari e di aprire la strada allo sviluppo di nuove terapie per queste condizioni.
Un sensore per monitorare il cuore, senza disturbarlo
Ogni anno, nel mondo, le malattie cardiovascolari costano la vita a oltre 18 milioni di persone: nonostante i progressi compiuti dalla ricerca biomedica, infatti, i problemi cardiaci come infarti, ischemie e cardiopatie (che conducono alla perdita di funzionalità cardiaca) rappresentano una delle principali cause di morte e di disabilità a livello globale. Ecco perché i ricercatori continuano a cercare nuovi approcci per studiare le condizioni in cui la funzionalità cardiaca è compromessa, al fine di trovare modi per ripristinarla e, quindi, salvare molte vite.
Eppure, fare ricerca sul sistema cardiovascolare non è semplice: l’uso di organi derivanti dalle autopsie non consente di studiarne l’attività cardiaca, mentre le colture cellulari non riescono a fornire un modello tridimensionale fedele di un organo complesso come il cuore. Spesso vengono utilizzati modelli animali, i quali però, oltre a sollevare questioni etiche, presentano diverse complicazioni, tra cui costi elevati, problemi legati alla riproducibilità sperimentale e una somiglianza con l’organismo umano non sempre perfetta.
Per sopperire a queste difficoltà, recentemente sono stati realizzati i cosiddetti modelli di tessuti ingegnerizzati, sistemi bioingegneristici che integrano strutture polimeriche non biologiche e colture cellulari e che sono in grado di riprodurre, alcune funzionalità molecolari, chimiche e anche fisiologiche, di un organo. Riprodurre il cuore in tutta la sua complessità è però una vera sfida, e spesso i modelli di questo tipo mancano di alcuni aspetti chiave della funzionalità cardiaca, come l’orientamento corretto delle fibre muscolari e i cambiamenti tridimensionali associati alla contrazione del cuore.
I ricercatori canadesi sono partiti da qui, costruendo un piccolissimo sistema bioingegneristico (si tratta di una struttura a cono con un diametro di circa mezzo millimetro) che integra una struttura di materiali sintetici, creata con la stampa 3D, e colture di cellule cardiache. In sostanza, i ricercatori hanno prima realizzato un’impalcatura di materiale polimerico, progettandola con specifiche scalanature in modo che su di essa crescessero le cellule (che derivavano da tessuti cardiovascolari di ratto) mantenendo l’orientamento che naturalmente è presente nel cuore umano. In questo modo, cellule e l’impalcatura insieme costituivano un modello in grado di replicare la struttura delle fibre muscolari del ventricolo sinistro (la camera cava del cuore che spinge il sangue nell’arteria aorta) di dimensioni simili a quelle del cuore umano durante lo sviluppo embrionale, intorno alla 19esima settimana di gravidanza.
Il vero risultato, però, oltre la struttura è stata la funzionalità: non solo, infatti, le cellule cardiache mostravano una buona vitalità sull’impalcatura polimerica, ma esse erano in grado di contrarsi e addirittura di riuscire a pompare sostanze fluide, proprio come fanno normalmente i ventricoli del cuore. Non si tratta di numeri incredibili, in realtà (i ricercatori hanno stimato una pressione applicata pari al 5% di quella di un cuore di una persona adulta), ma secondo gli autori dello studio si tratta di un traguardo molto importante in questo campo, e nel tempo il modello potrebbe essere migliorato per creare un sistema che possa assomigliare in maniera sempre più fedele a un cuore vero.
“Con modelli realizzati in questo modo, possiamo studiare non solo la funzione cellulare, ma anche la funzione dei tessuti e degli organi, il tutto senza la necessità di chirurgia invasiva o sperimentazione animale”, afferma Milica Radisic, autrice senior dello studio.
Via: Wired.it
Credits immagine: Ali Hajiluyi on Unsplash
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