Perché cerchiamo il neutrino di Majorana

neutrino di Majorana
(Foto: FLY:D on Unsplash)

Gli scienziati dei Laboratori Nazionali del Gran Sasso all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) hanno compiuto un importante passo in avanti nella ricerca del neutrino di Majorana, una delle particelle più elusive e sfuggenti (e importanti) della fisica moderna. Come raccontano in un articolo appena pubblicato sulle pagine della rivista Physical Review Letters, infatti, gli esperti hanno portato a termine con successo un “esperimento pilota”, chiamato Cupid-0, dimostrando che potrebbe essere la chiave giusta per arrivare finalmente a individuare il neutrino di Majorana.

 Sempre che esista, ovviamente.

Perché lo stiamo cercando

Andiamo con ordine. Al momento, il comportamento di tutte le particelle elementari che conosciamo è descritto dal cosiddetto Modello Standard, una teoria formulata mezzo secolo fa e sottoposta con successo a innumerevoli prove sperimentali che ne hanno verificato l’esattezza fino a molte cifre dopo la virgola. Il Modello Standard, pur rivelandosi esatto nel prevedere le interazioni delle particelle, è tuttavia incompleto, per una serie di ragioni: anzitutto non tiene in considerazione l’esistenza della materia oscura, che invece (a meno di sorprese) sappiamo far parte del nostro Universo; inoltre, fallisce nella descrizione della cosiddetta asimmetria tra materia e antimateria. Sostanzialmente, sappiamo che ogni particella possiede un’analoga antiparticella, una copia del tutto uguale ma con carica elettrica opposta; sappiamo che materia e antimateria si annichiliscono tra loro; e secondo il Modello Standard materia e antimateria dovrebbero essere presenti in eguale misura nel nostro Universo. Il fatto però che noi stessi esistiamo, e che esiste tutta la materia che ci circonda, vuol dire che in qualche momento deve esserci stato uno sbilanciamento tra materia e antimateria, in favore della prima. È proprio qui che entra in gioco la particella predetta da Ettore Majorana: “Scoprire che il neutrino di Majorana esiste, e trovarlo – ci spiega Stefano Pirro, primo ricercatore ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso e portavoce dell’esperimento Cupid-0 – cambierebbe la teoria di base che descrive i neutrini, e quindi la nostra comprensione dell’origine e dell’evoluzione dell’Universo. Dimostrare che il neutrino è una particella di Majorana, ossia che coincide con la sua antiparticella, giustificherebbe, a cascata, l’abbondanza di materia rispetto all’antimateria”. E se il neutrino non dovesse esistere? “Ci sono altre teorie che possono spiegare l’asimmetria – continua Pirro – ma nessuna è elegante e compatta come quella di Majorana. Anche se c’è da dire che non necessariamente la natura segue teorie eleganti e compatte”. 


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Come lo cerchiamo

La ricerca del neutrino di Majorana – o meglio, per essere più precisi, la dimostrazione che il neutrino è una particella di Majorana – passa attraverso l’osservazione di un particolare tipo di decadimento radioattivo, il cosiddetto decadimento β doppio senza neutrini (neutrinoless double-β decay, o 0νββ), una reazione in cui un nucleo atomico decade senza emettere alcun neutrino. Il problema è che osservare una reazione di questo tipo è tutt’altro che facile, anzitutto perché si tratta di una reazione estremamente rara, e poi perché è una reazione i cui effetti sono molto deboli, e che pertanto può facilmente essere nascosta dal “rumore” di altri decadimenti. Uno degli esperimenti più promettenti per la ricerca del decadimento β doppio è il Cuore (Cryogenic Underground Observatory for Rare Events), condotto per l’appunto sotto la roccia del Gran Sasso. “Cuore – ci spiega Pirro – è un esperimento di bolometria, in cui si misura l’aumento di temperatura di un cristallo per capire se al suo interno è avvenuto un decadimento β doppio”. Il cuore di Cuore è composto da 988 cristalli di una sostanza naturale altamente purificata, il biossido di tellurio; i cristalli sono posizionati in 19 strutture verticali di rame, chiamate torri. Si tratta del primo rilevatore a stato solido di massa alta (circa una tonnellata), ed è estremamente sensibile al lieve segnale energetico previsto per il decadimento β doppio.

Troppo rumore per nulla

C’è un ma: “Il problema – continua Pirro – è ridurre il rumore proveniente da tutte le altre reazioni, il cosiddetto rumore di fondo. Nell’esperimento Cuore, il fondo è costituito dai cosiddetti decadimenti α, reazioni la cui energia può ‘coprire’ quella del decadimento β”. E qui entra in scena Cupid-0. “Se si usa un cristallo che è anche uno scintillatore, un cosiddetto bolometro scintillante, il decadimento α si comporta in maniera diversa, producendo luce. Nell’esperimento Cupid-0 abbiamo mostrato che è possibile identificare questa luce e di conseguenza identificare (e scartare) tutti i decadimenti α, ottenendo così un segnale privo di questo rumore di fondo”. La notizia, insomma, è che Cupid-0 funziona, e potrebbe essere l’apripista a un esperimento più grande che ci potrebbe consentire, in futuro, di osservare finalmente i neutrini di Majorana.

Da Cupid-0 a Cupid

Quanto più grande? Parecchio. “Abbiamo creato una collaborazione internazionale, Cupid, che ha in programma di mettere in piedi un esperimento cento volte più potente di Cuore. Attualmente è in fase di progettazione: abbiamo scritto la lettera di intenti e la proposta tecnica e siamo in attesa di raccogliere i finanziamenti necessari all’esperimento”. Oltre che per l’aspetto economico, al momento i ricercatori sono preoccupati anche per la situazione geopolitica: “Il cristallo di Cupid-0 è stato costruito a Kharkiv – conclude Pirro – e quello di Cupid dovrebbe essere costruito in Russia. Se le cose non cambiano potrebbe essere un problema serio”.

Via: Wired.it

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