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Da un maggiolino del deserto aerei più sicuri

Si chiama Stenocara gracilipes, o, più volgarmente, maggiolino della Namibia. E vive, per l’appunto, nel deserto della Namibia, uno dei posti più caldi al mondo. Eppure, paradossalmente, questo minuscolo insetto ha appena ispirato agli ingegneri del Virginia Tech lo sviluppo di un nuovo materiale in grado di prevenire la pericolosa formazione di ghiaccio sulla superficie degli aerei – una necessità più che mai attuale visto il maltempo e le bufere che stanno colpendo la costa orientale degli Stati Uniti, causando rallentamenti e cancellazioni di migliaia di voli. Il lavoro è stato appena pubblicato sulle pagine della rivista Scientific Reports.

Il maggiolino della Namibia, in particolare, è in grado di sopravvivere al clima torrido e secco del deserto tramite un ingegnoso sistema di raccolta d’acqua sviluppato lungo tutto il suo guscio. Si tratta di un insieme di piccoli dossi dove l’umidità dell’aria si condensa in goccioline, depositandosi su una superficie idrorepellente dotata di minuscoli imbuti che convogliano l’acqua verso la bocca dell’animale.

Gli scienziati del Virginia Tech hanno riprodotto questa combinazione di diversi materiali per tenere sotto controllo l’effetto opposto, cioè la formazione di ghiaccio: “Abbiamo creato una zona asciutta attorno a un blocco di ghiaccio”, ha spiegato a Gizmag Jonathan Boreyko, professore di ingegneria biomedica e meccanica al Virginia Tech. “Le gocce di rugiada si accumulano su una matrice di punti idrofili [cioè composti di un materiale che attira l’acqua, nda]. Se i punti sono abbastanza distanti l’uno dall’altro, quando una delle gocce si solidifica il ghiaccio non riesce a espandersi fino al punto più prossimo. Alla fine, la goccia evapora completamente, creando una zona secca attorno al ghiaccio”.

Usando la fotolitografia, un processo che consente di riprodurre una determinata geometria su una superficie, l’équipe è riuscita a depositare uno strato irregolare di materiale idrofilo su un substrato di materiale idrorepellente, notando che, per l’appunto, aumentando la distanza tra i punti idrofili era possibile diminuire o addirittura impedire del tutto la formazione di ghiaccio: “Mantenere le superfici prive di ghiaccio”, conclude C. Patrick Collier, ricercatore dello Oak Ridge National Laboratory e co-autore del lavoro, “richiede molto tempo ed energia. Sistemi come quello che abbiamo sviluppato potrebbero portare a enormi risparmi”.

Via: Wired.it
Credits immagine: Wikimedia Commons

Sandro Iannaccone

Giornalista a Galileo, Giornale di Scienza dal 2012. È laureato in fisica teorica e collabora con le testate La Repubblica, Wired, L’Espresso, D-La Repubblica.

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