Dafne e Kloe ai nastri di partenza

Dopo quasi nove anni di lavoro, circa 200 miliardi di investimenti complessivi e grazie agli sforzi di qualche centinaio tra fisici, ingegneri e tecnici specializzati, i due gioielli sono finalmente pronti. Incastonati uno nell’altro sotto la loro cupola, Dafne e Kloe sono stati presentati ufficialmente il 19 maggio scorso ai Laboratori nazionali di Frascati dell’Istituto nazionale di fisica nucleare, nei dintorni della capitale. A fare gli onori di casa Enzo Iarocci (presidente dell’Infn), Paolo Laurelli (direttore del laboratorio di Frascati), Gaetano Vignola (responsabile di Dafne) e Paolo Franzini (responsabile di Kloe). Ospite di riguardo, il ministro dell’Università e della Ricerca scientifica Ortensio Zecchino. Ora, finite le operazioni di messa a punto ed espletate le cerimonie di rito, ricercatori e tecnici non vedono l’ora di dare il via agli esperimenti veri e propri. E dare la caccia a una delle ultime grandi risposte della fisica moderna: se, come prevedono i modelli teorici accettati finora, al momento del Big Bang metà dell’universo era materia e metà antimateria, che fine ha fatto l’antimateria? I due strumenti lavoreranno in stretta simbiosi. Dafne (che sta per Double Anular Factory for Nice Experiments) è sostanzialmente una “fabbrica” di materia e antimateria. E’ costituita da due anelli a forma di rettangolo di 23×32 metri, in cui fasci di elettroni e antielettroni, cioè particelle con proprietà esattamente speculari ai primi, scorrono in versi opposti. Raggiunta l’energia desiderata, i due fasci si scontrano in due punti precisi del percorso, e parte dell’energia della collisione viene convertita coppie di particelle e antiparticelle: i mesoni K e i corrispondenti anti-K. A questo punto entra in azione Kloe (K Long Experiment), realizzato dai fisici delle sezioni Infn di Bari, Frascati, Lecce, Napoli, Roma e Trieste con la collaborazione di colleghi cinesi, tedeschi, russi e statunitensi. E’ un rivelatore lungo 3,5 metri, con un diametro di 4, racchiuso in un guscio d’acciaio da mille tonnellate. Le particelle K e anti-K hanno una vita media brevissima: in un tempo che va da qualche centesimo a qualche miliardesimo di secondo decadono e danno origine ad altre particelle. Kloe riesce a “fotografare” con altissima precisione questo decadimento, e lo studio del processo potrebbe finalmente rivelarci qualcosa sul destino dell’antimateria sparita dall’universo. Il perché ce lo spiega Luca Passalacqua, fisico che si divide tra il Cern di Ginevra e i Laboratori di Frascati dove è uno dei responsabili di Kloe: “Particelle e antiparticelle si trasformano le une nelle altre. Una delle spiegazioni per la scomparsa dell’antimateria è che in questa trasformazione ci sia una asimmetria, uno squilibrio che alla lunga ha fatto sopravvivere solo la materia”. E’ ciò che gli addetti ai lavori chiamano una violazione della simmetria CP (coniugazione di Carica-Parità). Una violazione della simmetria CP nel decadimento delle particelle K era stata scoperta già nel 1964, ma la sua origine profonda e soprattutto il suo valore non sono conosciuti con la precisione desiderata. Ecco cosa dovrà studiare Kloe con le particelle prodotte da Dafne. Il problema è che il fenomeno in questione è molto raro e si presenta circa una volta su un milione. Per raggiungere la precisione necessaria si devono analizzare miliardi di eventi. E Dafne è stato realizzato proprio per produrli. Infatti, i fasci di particelle che circoleranno nel nuovo acceleratore non raggiungeranno le energie record delle macchine più grandi del Cern o del Fermilab di Chicago. In compenso le collisioni tra le particelle, e quindi la produzione di eventi da analizzare, avverranno a un ritmo 10 mila volte superiore. A questo punto non resta che partire con gli esperimenti. I loro risultati potrebbero aggiungere una nuova conferma sperimentale alle previsioni del cosiddetto Modello Standard, la teoria più accreditata per spiegare il comportamento delle particelle elementari e spiegare i primi istanti di vita dell’universo. “Il Modello Standard riesce a dare conto con successo di molti fatti che noi osserviamo”, spiega Passalacqua, “per esempio la quantità di idrogeno o di elio presenti nel cosmo o la presenza della radiazione di fondo, a 2,7 gradi Kelvin, che è l’eco del Big Bang”. Rimane da stabilire cosa è successo all’antimateria. Ma sotto sotto i ricercatori di Dafne e Kloe sperano che i loro risultati non confermino affatto la teoria. Significherebbe che il Modello Standard, che la fa da padrone da parecchi anni, deve essere rivisto. Un compito molto più stimolante per qualsiasi ricercatore. E poi, per chi mettesse in crisi il Modello Standard con risultati inoppugnabili le probabilità di un viaggio a Stoccolma si farebbero notevoli.

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