Categorie: Società

Dai fuochi preistorici nuova luce

I resti dei fuochi accesi nella preistoria dai nostri antenati possono essere ora riconosciuti e analizzati con precisione grazie alla scoperta dei ricercatori dell’istituto Weizmann di Rehovot, in Israele. A darne notizia è il numero di settembre del Journal of Archaeological Science. Steve Weiner, biologo del Dipartimento di scienze ambientali del Weizmann’s Institute of Science e i suoi collaboratori sono riusciti, utilizzando uno spettrofotometro portatile a raggi infrarossi, a identificare resti di cenere preistorica nelle cave israeliane di Hayonim e Kebara, abitate 250.000 anni fa. La prova più diretta di un fuoco acceso.

I nostri antenati utilizzavano il fuoco già 500 mila anni fa. Ma, nel corso dei secoli la cenere si trasforma per l’elevata reattività chimica e per l’instabilità delle sostanze di cui è composta. Così fino a oggi gli studiosi non riuscivano a riconoscerla. Identificavano la presenza dei fuochi preistorici servendosi di prove indirette. Più che l’analisi della struttura microscopica e della composizione chimica dei sedimenti, erano le ossa annerite di animali o i classici arnesi utilizzati per l’accensione a costituire la traccia di un focolare preistorico.

Weiner ha scoperto che un piccolissimo gruppo di componenti minerali della cenere, gli aggregati silicei, rimane relativamente stabile nel tempo. La presenza di questi aggregati può servire quindi da prova diretta. “Ora noi sappiamo riconoscere queste componenti e sappiamo come cercarle”, afferma Weiner. E infatti nei sedimenti delle cave di Hayonim e Kebara, lo spettrofotometro ha rilevato una buona quantità di aggregati silicei stratificati, suggerendo ai ricercatori che quella zona sia stata intensamente e continuamente occupata da gruppi umani per diversi millenni.

I resti delle ceneri possono dirci molto sullo stile di vita dei nostri antenati: per esempio se e con quale criterio dividevano gli spazi all’interno di un stesso insediamento abitativo. In un’area adibita a cucina o in una particolarmante protetta dai grandi predatori, la quantità di cenere accumulata sarà maggiore che altrove. Ma gli esperti sostengono che la scoperta degli israeliani può fornirci informazioni anche sul clima, sull’ecologia, sulla geologia dei millenni passati. E non è poco.

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