Dall’uomo all’ambiente

L’effetto dei farmaci non si conclude nell’organismo umano, ma continua nell’ambiente, contaminando le risorse idriche e minacciando l’ecosistema acquatico. E’ questo l’allarme lanciato alcuni anni fa dagli scienziati europei e ripreso oggi da un gruppo di ingegneri ambientali della Johns Hopkins University di Baltimora durante il convegno annuale dell’American Chemical Society (www.acs.org). Questi hanno presentato un progetto di ricerca finalizzato a quantificare i residui di farmaci e antisettici consumati dagli americani che sono presenti nelle condutture idriche, nelle acque costiere e negli impianti per il trattamento delle acque di scolo. Il budget stanziato dall’Environmental Protection Agency (Epa), con un finanziamento triennale, è di circa 600.000 euro. Secondo A. Lynn Roberts del Dipartimento di Geografia e Ingegneria Ambientale, i residui degli antidepressivi sono fra i più dannosi: la loro presenza nelle acque causerebbe scompensi nel ciclo riproduttivo delle specie e, in un certo quantitativo nell’acqua potabile, potrebbero costituire un pericolo per le donne in gravidanza. Il progetto prevede due fasi: un conteggio a campione dei farmaci più prescritti e più venduti e, in seguito, una nuova analisi di laboratorio chiamata Gcms (gas cromatografo dotato di spettrometro di massa) in grado di rilevare anche un grammo di una sostanza in un milione di litri d’acqua. (m.s.)

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