Depressione: uno spray alla ketamina contro i sintomi e il rischio di suicidio

Uno spray nasale a base di esketamina, una sostanza parte della ketamina, potrebbe aiutare rapidamente i pazienti con depressione maggiore e a rischio immediato di suicidio. A mostrarlo, uno studio clinico condotto dalla Janssen del New Jersey e San Diego e dalla Yale School of Medicine. La ricerca rivela che la combinazione di questo spray con l’antidepressivo potrebbe portare benefici maggiori, a distanza di 4 e 24 ore, rispetto al solo antidepressivo – anche perché quest’ultimo generalmente inizia a fare effetto dopo 4 o 6 settimane: i ricercatori, infatti, hanno mostrano che dopo circa 4 settimane i benefici dell’aggiunta della ketamina si perdono e il vantaggio torna ad essere comparabile con quello del solo antidepressivo. I risultati dello studio sono stati pubblicati su The American Journal of Psychiatry, la rivista dell’American Psychiatric Association.

La ketamina è un farmaco anestetico – ma anche una droga pesante, e per questo gli autori mettono in guardia rispetto allo studio del potenziale abuso – che se assunto a dosi inferiori rispetto a quelle impiegate per l’anestesia agisce sul sistema nervoso centrale come potente psichedelico. Ma non è la prima volta che sostanze psichedeliche vengono studiate a livello terapeutico per trattare disturbi in psichiatria.

La ricerca in questione ha coinvolto 68 partecipanti con diagnosi di depressione maggiore, con pensieri suicidari e a imminente rischio di suicidio comparando in doppio-cieco gli effetti di un trattamento standard e in aggiunta lo spray nasale a base di esketamina, una parte della molecola della ketamina, oppure lo standard più il placebo.

I partecipanti avrebbero ricevuto il trattamento due volte a settimana per quattro settimane, anche se la terapia antidepressiva sarebbe poi stata assunta più a lungo da tutti. I ricercatori hanno osservato gli effetti del trattamento dopo quattro ore dalla prima somministrazione, dopo 24 ore e dopo 25 giorni, quasi alla fine del periodo del trial clinico.

In base ai risultati, gli autori hanno rilevato un miglioramento significativo, rispetto ai sintomi della depressione e ai pensieri suicidari, nel gruppo che aveva assunto esketamina, ma soltanto a distanza di 4 ore o di 24 oredall’inizio della terapia, mentre dopo 25 giorni gli effetti fra i due gruppi erano più o meno comparabili. I miglioramenti sono stati misurati attraverso i punteggi, che variavano sensibilmente, ottenuti dai pazienti nel questionario Montgomery-Åsberg Depression Rating Scale (MADRS), uno strumento utilizzato dagli psichiatri per valutare la severità dell’episodio depressivo. Dunque, nell’immediato il gruppo trattato anche con la ketamina mostrava benefici superiori. Pertanto, questo principio attivo potrebbe fornire un importante supporto, come hanno spiegato i ricercatori, per riempire il gap temporale dovuto al fatto che i più comuni farmaci antidepressivi mostrano effetti dopo 4 o 6 settimane dall’inizio del trattamento.

Si tratta ancora di uno studio di fase 2 – quando la ricerca è ancora limitata a poche decine di pazienti e deve dimostrare la sicurezza e l’attività del farmaco – ma manca ancora la fase 3, estesa a migliaia di pazienti, che serve a confermare l’efficacia – prima che il farmaco possa essere approvato dalla Fda ed entrare poi in commercio. Gli autori, inoltre, si muovono con prudenza e avvisano la comunità scientifica che è necessario svolgere altre ricerche sul rischio di abuso e sulla dipendenza da ketamina, come sottolineano anche in un editoriale sulla stessa rivista. Infatti, come è importante trovare nuovi interventi terapeutici per chi è a immediato rischio di suicidio, “anche la protezione della salute pubblica”, si legge in una nota dell’editoriale, “è parte della nostra responsabilità e, come medici, siamo responsabili della prevenzione di nuove epidemie di droga”.

via Wired.it

Viola Rita

Giornalista scientifica. Dopo la maturità classica e la laurea in Fisica, dal 2012 si occupa con grande interesse e a tempo pieno di divulgazione e comunicazione scientifica. A Galileo dal 2017, collabora con La Repubblica.it e Mente&Cervello. Nel 2012 ha vinto il premio giornalistico “Riccardo Tomassetti”.

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