Destinazione (virtuale): Marte

È partita ieri, 3 giugno, Mars 500, la missione che porterà virtualmente per 520 giorni sei astronauti su Marte. Si tratta della più lunga simulazione di viaggio spaziale mai realizzata finora, ma è esattamente il tempo che, con le tecnologie attualmente disponibili, si impiegherebbe teoricamente ad arrivare sul suolo marziano, effettuare alcune operazioni di superficie e tornare sulla Terra. Sponsorizzato dall’Agenzia Spaziale Europea (Eso) e da quella italiana (Asi), l’esperimento sarà realizzato presso l’Institutes for Biomedical Problems di Mosca. Per capire meglio come si svolgerà la missione abbiamo parlato con Francesco Canganella, ordinario di microbiologia dell’Università della Tuscia. Il suo gruppo di ricerca in esoagrobiologia, infatti, partecipa alla con due esperimenti, entrambi parte del progetto Micha (Microbiological monitoring in a Confined Habit). 

Professor Canganella, cos’è esattamente la missione Mars 500?

“Si tratta di una simulazione. Presso l’IBMP (Institute for BioMedical Problems) di Mosca sono stati costruiti i moduli – Habitable, Medical e Utility, il simulatore di orbita e atterraggio e il simulatore della superficie marziana – in cui vivranno sei scienziati, completamente isolati, in “missione” verso Marte. I moduli sono arredati internamente e attrezzati in maniera tale da mimare il più possibile lo stile di vita degli astronauti che dovranno giungere su Marte”.

Come avverrà precisamente la simulazione ?

“L’equipaggio – composto da due scienziati europei, di cui uno italo-colombiano ed uno francese, un cinese e tre russi – vivrà come già fanno gli astronauti della Stazione Spaziale Internazionale (ISS): dividendosi tra operazioni di mantenimento dei moduli, attività di esercizio fisico rigorosamente alternate ad ore di riposo, esperimenti scientifici ed esercitazioni. Nel loro caso, però, simuleranno tutte le fasi di una missione su Marte: il viaggio, l’orbita attorno al Pianeta Rosso, l’atterraggio, le operazioni di superficie e, infine, il ritorno sulla Terra. In questo lasso di tempo riceveranno un piano giornaliero delle attività da svolgere e scambieranno informazioni con la sala di controllo con modalità analoghe a quelle che realmente si verificherebbero in un viaggio Terra-Marte e ritorno. Tutto il materiale sperimentale, compresi i protocolli che dovranno adottare, si trovano già a bordo: nei prossimi 520 giorni nulla potrà più entrare nel simulatore. L’unico scambio con l’esterno riguarderà i campioni biologici che, per ovvi motivi di conservazione, verranno “spediti nello spazio” dall’equipaggio per raggiungere i laboratori di mezzo mondo”. 

Si tratta della prima simulazione che si fa nell’ambito del progetto? 

“Prima di procedere con la missione vera e propria, che comporta uno sforzo finanziario e scientifico non indifferente, sono state svolte due fasi preliminari del MARS 500: una di 14 giorni nel 2007 e una di 105 nel 2009. Entrambe le prove sono servite a individuare le criticità da superare e quindi a sviluppare migliori soluzioni alimentari e abitative per l’equipaggio, ma anche a mettere punto molti degli esperimenti ad oggi presenti nei moduli. La seconda, MARS 105, è terminato a luglio del 2009 e molti ricercatori sono ancora impegnati nell’analisi dei dati”. 

Il suo team di ricerca lavora in particolare al progetto Micha. Di che si tratta?

“È un progetto incentrato sulla salute e la sicurezza degli astronauti, poiché si occupa sia di biocontaminazione ambientale con l’esperimento Biofilm, sia di nutrizione e salute dell’essere umano nello Spazio con l’esperimento Lifeplus. Biofilm riguarda le problematiche legate alla contaminazione ambientale a opera dei microrganismi. In ambienti confinati con forte permanenza umana, come nella Stazione Spaziale Internazionale, nello Shuttle, in un futuribile veicolo per missioni umane di lunga durata o addirittura all’interno di basi marziane, si possono formare sulle superfici dei veri e propri strati di cellule microbiche, detti ‘biofilm’, che a volte possono dar luogo a fenomeni di corrosione biologica e quindi alla parziale degradazione dei materiali. I membri dell’equipaggio dovranno semplicemente campionare con speciali spugnette sterili e con cadenza trimestrale le superfici dei pannelli; quando i campioni arriveranno nei laboratori dell’IBMP e della Tuscia, saremo in grado di valutare sia quantitativamente sia qualitativamente la presenza dei microrganismi e l’eventuale formazione di biofilm. Nell’esperimento saranno esaminati cinque trattamenti antimicrobici. I primo è a base di una sostanza naturale prodotta da batteri che dovrebbe impedire la colonizzazione delle superfici trattate; il secondo è un condizionamento fisico-chimico a base si silice e argento, che ha dimostrato di possedere discrete potenzialità antimicrobiche; il terzo è un trattamento di tipo chimico indirizzato in modo particolare all’inibizione di funghi e muffe; gli ultimi due, invece, sono trattamenti convenzionali, basati sull’utilizzo di acqua ossigenata al 6 per cento e di sostanze antibatteriche già note, le cui applicazioni spaziali sono state sinora limitate al campo medico”. 

Il secondo esperimento, invece?

“Lifeplus è una indagine microbiologica per studiare la variazione della microflora umana, sia intestinale che salivare, in seguito all’assunzione di probiotici e/o di sostanze nutraceutiche in grado di stabilizzare le condizioni psico-fisiche dei membri dell’equipaggio. Durante l’intera durata dell’esperimento, i sei astronauti dell’equipaggio assumeranno quotidianamente capsule di probiotici, di estratti vegetali e pappa reale per periodi di 30 giorni intervallati da 60 giorni di pausa. Il mio team poi effettuerà, sui campioni che arriveranno da Mosca, l’analisi della microflora intestinale che risponde prontamente sia in termini quantitativi sia qualitativi alle sollecitazioni ambientali (dieta, stress, malattia, assunzione di farmaci). L’idea è nata dal fatto che gli astronauti sono soggetti a molteplici stress ambientali, dovuti in particolare alla necessità di vivere per periodi più o meno lunghi in ambienti confinati, in cui subiscono notevoli sollecitazioni psico-fisiche. In vista di future missioni umane su Marte è dunque di cruciale importanza stabilire delle linee-guida per mantenere la salute e il benessere degli equipaggi”. 

Chi sono i partner stranieri del progetto?

“Io e la mia collega tedesca Petra Rettberg siamo co-leader del progetto Micha; inoltre collaborano con noi il Centro Aerospaziale Tedesco (Dlr), l’Agenzia Spaziale Europea, l’IBMP e l’Università Statale di Mosca“.

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