Salute

Deterioramento cognitivo: troppo internet fa male al cervello

L’uso problematico di internet, tra videogiochi, azzardo on line e social media, è in grande espansione e ormai viene riconosciuto come preoccupazione per la salute pubblica globale, soprattutto per la fascia della popolazione giovanile. All’inizio del 2018, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha inserito il disturbo da gioco d’azzardo on line (gaming disorder) tra i disordini dovuti a comportamenti di dipendenza. Più recentemente, il rapporto Status of Mind curato dalla Royal Society for Public Health (RSPH) e Young Health Movement (YHM) sugli effetti (positivi e negativi) dei social media sulla salute dei giovani, ha individuato Instagram e Snapchat come i social più dannosi per il benessere psicologico dei ragazzi, mentre YouTube avrebbe l’impatto più positivo. In effetti, sempre più studi associano l’abuso degli strumenti on line a numerosi disturbi di tipo somatico, come obesità, e psichiatrico, come la depressione. E molte ricerche sperimentali indicano anche che chi vive troppo online può subire un significativo deterioramento cognitivo. Un allarme che è stato confermato da una meta-analisi pubblicata sul British Journal of Psychiatry, una revisione sistematica degli studi che hanno valutato le funzioni cognitive di chi utilizza in modo problematico internet.

Il deterioramento cognitivo

La meta-analisi è una ricerca di tipo clinico-statistico che mette assieme i dati degli studi svolti su uno stesso problema per tentare di fare una sintesi e individuare il risultato prevalente. La ricerca pubblicata sul British Journal of Psychiatry ha compreso 2.922 partecipanti in 40 studi. In sintesi, rispetto ai controlli, cioè alle persone sane, è emerso che negli individui con un uso problematico di internet, sono presenti significativi indicatori di deterioramento cognitivo. In particolare:

  • sono più impulsivi (compromissione significativa del controllo inibitorio)
  • meno efficienti nel prendere decisioni (compromissione significativa dei processi decisionali)
  • hanno un deterioramento della memoria di lavoro (il mantenimento temporaneo delle informazioni necessarie a portare a termine un compito cognitivo o un comportamento finalizzato, meccanismi fondamentali nel ragionamento, nelle decisioni e nei comportamenti adattativi ed efficaci).

Siamo tutti a rischio

Questi tratti di deterioramento cognitivo sembrano peraltro indipendenti dal tipo di comportamento online. In altre parole: non c’è sostanziale differenza tra chi è dipendente dal gioco online e chi ha un uso compulsivo dei social media. Allo stesso tempo, queste compromissioni delle funzioni cognitive sembrano indipendenti dall’età, dal sesso (sono simili nei maschi e nelle femmine), dall’area geografica e dalla presenza eventuale di altri disturbi del comportamento.

In sostanza, sembra che l’uso problematico di internet sia un reale fattore determinante, una causa dei diversi aspetti di deterioramento cognitivo che lo accompagnano.

Questi risultati suggeriscono peraltro che esiste una comune vulnerabilità neurobiologica attraverso la quale l’uso eccessivo di internet, degli strumenti e dei giochi on line, indipendentemente dal profilo neuropsicologico individuale (ne abbiamo parlato qui) e da altri fattori sociali e culturali, induce poi questi danni alle funzioni cognitive.

La mia droga si chiama Internet: un problema pubblico

La realtà che emerge dalla meta-analisi testimonia che gli strumenti della vita on line, e in particolare quelli di intrattenimento, sono sempre più costruiti a partire dalla conoscenza dei meccanismi neurobiologici e psicologici verso cui è possibile mirare e far leva per ottenere forme di crescente ingaggio e attaccamento da cui realizzare profitti. Molti di questi dispositivi sono effettivamente ingegnerizzati per indurre forme di dipendenza, che spesso si traducono in un uso problematico di internet. A mio parere è necessario che i decisori politici valutino più attentamente il funzionamento di questi strumenti digitali per regolare il modo in cui il pubblico può interagire con essi senza rischi eccessivi.

Riferimenti: Cognitive deficits in problematic internet use: meta-analysis of 40 studies, The British Journal of Psychiatry.

La versione integrale di questo articolo e altri approfondimenti sul tema delle dipendenze sono consultabili sul blog Psicoattivo.

Stefano Canali

Ricercatore dell'Area Neuroscienze e del Laboratorio Interdisciplinare della Scuola Internazionale di Studi Superiori Avanzati, dove dirige la Scuola di Neuroetica. E' presidente del Comitato Scientifico della Società Italiana Tossicodipendenze e redattore della rivista Medicina delle Tossicodipendenze - Italian Journal of Addiction. E' autore di circa un centinaio di pubblicazioni sul tema delle sostanze e delle dipendenze e del blog Psicoattivo.

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