Di cosa è fatta la polvere?

A volte, basta passare un dito su un tavolo per accorgersi che un ambiente non è perfettamente pulito. Capita anche nei laboratori universitari, dove qualcuno ha pensato, per la prima volta, di scoprire da dove arriva e di cosa è fatta l’implacabile polvere. Il fatto è che le particelle sono talmente piccole che nessuno è mai riuscito a studiare l’esatta composizione del pulviscolo. A fare luce in questo angolo buio della scienza ci ha pensato James Coe, chimico della Ohio State University: con l’aiuto dei suoi studenti ha pubblicato sul Journal of Physical Chemistry C il primo identikit di 63 diversi tipi di granelli.

Figurarsi che la storia del primo database della polvere è nata quasi per caso. Nel 2003, il gruppo di Coe stava testando un nuovo tipo di sensore a plasmoni (un sistema di particelle che alimentano il plasma) che sfruttava aperture microscopiche per registrare lo spettro infrarosso della luce. Dopo alcune prove, il team di Coe si è accorto che alcuni piccoli granelli di polvere avevano ostruito i pori del sensore. Risultato? Il pattern luminoso veniva alterato in base alla composizione del granello, fornendo un identikit della particella.

Di cosa è fatta la polvere

A quanto pare, il componente più diffuso nella polvere (60% dei casi) sarebbe la materia organica di natura non meglio precisata (cellule morte della pelle e altre sostanze provenienti da noi stessi, piante, animali e altri organismi viventi). Segue il quarzo, che risulta presente in almeno la metà dei campioni di pulviscolo raccolti nel laboratorio. In coda si trovano altri composti come il gesso e alcuni tipi di carbonati.

Sapere con esattezza cosa contengono i granelli di polvere può sembrare un eccesso di pignoleria, ma in alcuni casi può rivelarsi un dato affatto trascurabile. Basti pensare ai milioni di persone che soffrono di allergie. Se gli scienziati fossero in grado di analizzare con precisione la composizione del pulviscolo presente in una stanza, potrebbero indicare agli allergici come evitare fastidiose complicazioni respiratorie.

Coe non si è lasciato certo scappare questa opportunità, e così ha messo alla prova i suoi studenti alla Ohio State University, chiedendo loro di identificare lo spettro infrarosso di una particella di polvere e fornire, allo stesso tempo, un’immagine dettagliata al microscopio elettronico. Lo scienziato, inoltre, ha visto bene di mettere in palio un premio per il miglior cacciatore di polvere: un pranzo gratis e l’onore di scegliere il nome di battesimo del primo granello.

La competizione è stata vinta da Matthew McCormack, che ha scelto di chiamarla come il suo cane: Abby. Dopo il primo successo, gli studenti di Coe hanno continuato a studiare la polvere, arrivando a definire la composizione di 63 diversi tipi di granelli. Ora, il gruppo di ricerca sta pensando a come implementare nuovi algoritmi utili a interpretare meglio i risultati delle analisi condotte. Presto la polvere non avrà più segreti.

Via: Wired.it

Credits immagine: Ohio State University

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