Salute

Dieci mosse contro i superbatteri

Fino al 2014 ne sapeva più o meno quanto ne sa in media un cittadino europeo, cioè poco. Poi è arrivato il premier britannico Cameron. E in virtù del suo passato di economista gli ha chiesto di occuparsi a fondo del tema che più di altri rischia di far saltare il banco dei Sistemi sanitari nazionali: l’antibioticoresistenza. Così Lord Jim O’Neill, già ministro del Tesoro, è diventato uno dei principali esperti di superbatteri. E con un gruppo di ricerca di altissimo livello ha stilato un rapporto che oggi è diventato un punto di riferimento per tutti coloro che cercano una strategia per contrastare il fenomeno. “Stiamo parlando di una minaccia enorme per il mondo intero”, ha detto oggi Lord O’Neill intervenendo all’undicesima edizione del Forum Meridiano Sanità. “Senza nessun tipo di azione che la contrasti, l’antibiotico-resistenza causerà 10 milioni di decessi al 2050, con una perdita potenziale di PIL a livello mondiale pari a 100 trilioni di dollari”.

Da tempo il Regno Unito si propone come capofila di una strategia globale che coinvolga tutti i paesi europei, visto che i batteri non conoscono frontiere. A un anno dall’uscita del Rapporto AMR, il compito principale di O’Neill è diventato dunque quello di convincere i diversi governi che è tempo di darsi una mossa. E l’Italia in questo senso riceve le tirate d’orecchie più potenti, visto che, come ricorda l’economista, il nostro “è tra i paesi europei quello con il maggior livello di resistenza agli antibiotici”, insieme alla Grecia. A preoccupare è in particolare il settore agricolo: le cifre relative all’uso incontrollato di farmaci antibatterici negli allevamenti sono allarmanti. “Per arginare il fenomeno, l’Italia dovrebbe cambiare radicalmente approccio”, dice O’Neill. Peccato che – come ha confermato anche Stefania Iannazzo, della Direzione Generale Prevenzione Sanitaria, Ministero della Salute – in Italia manca un piano strategico, delle linee guida nazionali ed indicatori specifici nei LEA.

Lotta ai superbug in 10 mosse

La strategia del governo britannico, in dieci punti, prevede in primo luogo una campagna di sensibilizzazione globale sull’antibiotico resistenza, così che i pazienti (e gli allevatori) la smettano di chiedere antibiotici inutili ai medici, e i medici (e i veterinari) la smettano di prescriverli. “Abbiamo calcolato che un’azione di awareness potrebbe costare tra i 40 e i 100 milioni di dollari l’anno”, dice O’Neill. Ma serve poi migliorare le pratiche igieniche negli ospedali (basterebbe intanto lavarsi le mani più spesso e più accuratamente), mettere in piedi sistemi più efficaci di sorveglianza delle infezioni , investire nella formazione dei medici e dei ricercatori.

Non solo: è fondamentale – ricorda ancora l’economista – sostenere le vaccinazioni come forma di prevenzione delle malattie infettive, così da ridurre il ricorso agli antibiotici (in Francia, ha ricordato Nicoletta Luppi nella sua veste di presidente del Gruppo Vaccini di Farmindustria, il consumo di antibiotici si è ridotto dal 49% al 27% solo con la vaccinazione contro lo pneumococco). E lavorare per migliorare i kit diagnostici, per avere uno screening in tempi rapidi dei farmaci efficaci su un determinato ceppo, anche facendo appello alle tecnologie mobili soprattutto nei paesi a medio e basso reddito. Infine, oltre al finanziamento di un fondo globale per l’innovazione nel settore, è necessario investire sulle aziende farmaceutiche, che da tempo hanno chiuso i rubinetti della ricerca sugli antibiotici lasciando di fatto il mercato privo di nuovi prodotti. La strada, dice O’Neill, è quella degli incentivi fiscali e dei premi di accesso al mercato per le nuove molecole sviluppate per combattere i superbug.

Nel frattempo l’AIFA ha dato il via libera alla rimborsabilità in fascia H (dunque ad uso esclusivo degli ospedali) di ceftolozano/tazobactam, nuovo antibiotico di MSD che uccide i batteri Gram-negativi resistenti alle attuali terapie antibiotiche e implicati nell’insorgenza di infezioni nosocomiali – le cosiddette ICA, infezioni correlate all’assistenza – che in Italia colpiscono ogni anno circa 284.100 pazienti provocando circa 4.500-7.000 decessi. “Negli studi registrativi il ceftolozano/tazobactam è stato validato per le infezioni intra-addominali complicate, pielonefrite acuta e infezioni complicate delle vie urinarie – commenta Pierluigi Viale, Direttore U.O. di Malattie Infettive all’A.O.U. Policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna e Professore ordinario di Malattie Infettive all’Alma Mater Studiorum Università di Bologna – starà poi ai clinici trovare caratteristiche utili in altre patologie”.

Quello che tutti aspettano con ansia è infatti una nuova arma per limitare le polmoniti da Pseudomonas aeruginosa. “Questo farmaco – dice infatti Carlo Tascini dell’Ospedale Cotugno, Azienda Ospedaliera Specialistica dei Colli di Napoli – è attivo contro Pseudomonas con percentuali di sensibilità maggiori a quelle di tutti gli altri farmaci disponibili al momento in Europa, eccetto colistina, e rappresenta una valida alternativa ai carbapenemici anche per le infezioni da Escherichia coli e Klebsiella, produttori di beta-lattamasi a spettro esteso”.

Elisa Manacorda

Giornalista, è direttrice di Galileo, che ha fondato nel 1996 con altri giornalisti e ricercatori. Scrive di scienza e tecnologia per le principali testate italiane. E’ docente al Master SGP della Sapienza Università di Roma, collabora con il Master in Comunicazione della Scienza dell'Università di Ferrara. Con Letizia Gabaglio è autrice di "Il Fattore X" sulla medicina di genere.

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