Discriminati per l’orientamento sessuale

Che gli uomini omosessuali siano discriminati sul posto di lavoro non è una novità. Ma forse lo è il fatto che le loro colleghe lesbiche fanno, al contrario, più carriera. La denuncia su queste forme di discriminazione arriva da una ricerca statunitense condotta alla Whittemore School of Business and Economics dell’Università del New Hampshire, appena pubblicata sul Journal of Labor Research.

Gli autori dello studio sono giunti a tale conclusione dopo aver analizzato la situazione professionale e salariale di oltre 91mila coppie etero e omosessuali, censite nell’ambito del Current Population Survey, indagine condotta dall’istituto di statistica statunitense. I dati mostrano che gli omosessuali che convivono con un altro uomo guadagnano in media il 23 per cento in meno rispetto ai colleghi eterosessuali sposati, e il 9 per cento in meno rispetto a quelli che convivono con una donna.

Le motivazioni di tale discriminazione, che appare più accentuata per le posizioni impiegatizie e manageriali di settori professionali tradizionalmente maschili, vanno ricercate nell’atteggiamento del datore di lavoro, spesso condizionato da evidenti pregiudizi.  In generale, gli imprenditori appaiono poco propensi ad assumere omosessuali nelle loro aziende in quanto li vedono come una categoria meno produttiva o più costosa. Interpretando anche la sensibilità e le aspettative degli altri dipendenti, ritengono che la presenza di lavoratori gay possa influenzare negativamente l’ambiente professionale, peggiorando la produttività complessiva. Un altro aspetto critico riguarda il rapporto con i clienti che spesso preferiscono interagire con eterosessuali, condizionando così le scelte del datore di lavoro. Infine, un altro pregiudizio che favorisce la discriminazione è legato al problema dell’aids, in quanto il lavoratore gay viene percepito come un soggetto a maggior rischio e quindi come un potenziale costo per l’azienda.

La situazione appare invece completamente diversa per le lavoratrici lesbiche, le quali non solo non sembrano subire atteggiamenti discriminatori da parte dei datori di lavoro, ma talvolta risultano addirittura avvantaggiate rispetto alle colleghe eterosessuali. Molti datori di lavoro, infatti, ritengono che le donne gay siano maggiormente interessate alla carriera e meno disposte ad abbandonare il lavoro per la famiglia rispetto alle donne eterosessuali. Tale percezione risulta confermata anche dai dati raccolti dai ricercatori americani, che mostrano che solo il 18,1 per cento delle lavoratrici lesbiche ha figli, rispetto al 49,4 per cento delle colleghe etero. (s.p.)

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