Dna in esclusiva

La European Patent Convention stabilisce che sono brevettabili le invenzioni nuove, frutto di inventiva e suscettibili di applicazioni industriali. Ma un gene o una sequenza genetica rientrano in questa categoria? Secondo la legislazione europea, statunitense e della maggioranza dei paesi del mondo, sì. Una materia di per sé controversa, che è sfociata nel 2001 in uno scontro aperto fra lo European Patent Office (Epo), l’ufficio europeo dei brevetti, e i genetisti di tutta Europa. I ricercatori sono insorti in massa contro i brevetti riconosciuti a un’azienda statunitense, la Myriad Genetics, sui geni Brca1 e Brca2 associati al cancro al seno. A suscitare tanto clamore il comportamento della Myriad. Che appena entrata in possesso dei brevetti, ha deciso di utilizzarli non semplicemente per riscuotere delle royalties, ma per stabilire un monopolio di fatto, vietando agli altri centri di genetica di effettuare i test diagnostici, consentendoli esclusivamente, e a caro prezzo, nei propri laboratori americani. Gert Matthijs, del Center For Human Genetics in Belgio, è uno degli scienziati che si è battuto fra udienze, ricorsi e appelli in tribunale, per liberare quei brevetti. E alla fine ce l’ha fatta: l’Epo li ha revocati, anche se per vizi formali. Ci ha raccontato la sua esperienza, in occasione del forum “The Ladder of Life” sulla riproduzione assistita, promosso il 9 settembre a Treviso presso il laboratorio Fabrica di Benetton dalla Società italiana di studi medicina della riproduzione.

Matthijs, lei un genetista e per cinque anni se l’è vista con gli avvocati dello European Patent Office. Perché?

“Confesso che la prima volta che ho tenuto una presentazione ero terrorizzato e nervoso, non sapevo niente di legge. Nonostante questo, ho deciso di spiegare i motivi per cui ritenevo ingiusto bloccare con un brevetto le sequenze genetiche risultate da uno sforzo collaborativo internazionale. In più, i brevetti sono stati concepiti come un rimborso per chi inventa qualcosa di nuovo, dovrebbero servire a promuovere il progresso, e di conseguenza portare benefici al pubblico. Il monopolio della Myriad Genetics, invece, aveva invece reso impossibile ai centri di genetica di eseguire test che già svolgevano da tempo”.

Quali ragioni hanno mosso l’alzata di scudi contro i brevetti su Brca1 e Brca2?

“In primis, si trattava di tumore al seno, una malattia che interessa moltissime persone e per la quale una diagnosi precoce può avere enorme importanza. Secondo, l’intera comunità scientifica era sbalordita di fronte comportamento della Myriad Genetics, che aveva deciso, cosa mai accaduta prima di allora, di tenere il monopolio esclusivo sui test. In terzo luogo, è necessario garantire in qualche modo che i test siano accessibili ai pazienti: solo pochi possono permettersi di sborsare per l’esame genetico fino a 2.500 euro”.

Come siete riusciti a convincere l’Epo a ritrattare e ritirare i brevetti?

“Abbiamo enfatizzato il fatto che la European Patent Convention esclude dalla brevettabilità “i metodi diagnostici praticati sul corpo umano”. Il principio vale dal 1973, e oggi potrebbe essere aggiornato con i test genetici. Ma la verità è che siamo stati solo fortunati. È stato infatti dimostrato che il brevetto Brca non era valido perché c’erano errori nella sequenza e nella letteratura scientifica si trovavano esempi precedenti. Altrimenti, non ci sarebbe stato nulla da fare. La legge non è cambiata, e non cambierà”.

I brevetti però non durano per sempre.

“È vero, dopo 20 anni scadono. Ma i pazienti non possono aspettare 20 anni per avere una diagnosi”.

Il punto più spinoso è che si possa brevettare il Dna. Lei che cosa ne pensa?

“Il nodo, infatti, è tutto lì, nella natura speciale del codice della vita: si tratta di informazione, non è qualcosa che si può inventare, appartiene a tutti gli esseri umani ma è specifico per ciascuno di noi. Il Dna dovrebbe godere, in fatto di brevettabilità, di uno status a sé”.

Concedere diritti su una sequenza genetica non potrebbe essere un modo per garantire a una compagnia l’esclusiva di sviluppare un farmaco mirato?

“Questo è stato uno degli argomenti di chi sin dalla metà degli anni Novanta premeva per la necessità di brevettare i geni. Di fatto, non è stato così: nessuno è stato in grado di trovare un composto o un medicinale solo sulla base di una sequenza genetica. La distanza tra la scoperta di un gene e lo sviluppo di un farmaco è così grande che bloccare la sequenza con un brevetto non serve. E mentre c’è bisogno di grossi investimenti per sviluppare un farmaco, basta relativamente poco per un metodo diagnostico”.

Cosa si potrà fare nel futuro per cambiare le cose?

“Penso che bisogna essere pragmatici, e non illudersi di ottenere una modifica radicale della legislazione in materia. Meglio puntare a soluzioni di mezzo. Stiamo cercando di proporre criteri alternativi per la brevettabilità dei geni, per esempio: escludere i geni che interferiscono con la diagnostica, trovare forme di licenza senza royalties, impedire l’esclusiva sulle sequenze. L’unica via di uscita è trovare il modo di rispettare i diritti dei proprietari dei brevetti e garantire allo stesso tempo i diritti dei pazienti”.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here