Corea di Huntington: trealosio, dolce speranza

Il trealosio è uno degli ingredienti delle creme anti-età ma anche un efficace conservante alimentare, in grado di mantenere inalterate le proprietà nutritive e i sapori dei cibi. Per le piante e alcuni organismi, invece, è una fonte di energia per sopravvivere in condizioni ambientali estreme. È un disaccaride costituito da due molecole di glucosio. Che oggi si propone in una nuova veste: quella di possibile cura per la Corea di Huntington, una malattia rara ma fortemente invalidante e dall’esito mortale che colpisce una persona ogni 10.000.

La somministrazione per bocca di trealosio ha diminuito gli aggregati di huntingtina nel cervello dei topi. Ha reso cioè meno aggressiva la proteina che accumulandosi nel sistema nervoso centrale provoca movimenti involontari, gravi disturbi emotivi e un progressivo declino cognitivo. Lo ha dimostrato Nubuyuki Nukina del Brain Science Institute Laboratory for Structural Neuropathology di Saitama in Giappone, noto nel mondo scientifico per gli studi compiuti sulle proteine coinvolte nelle malattie di Alzheimer, di Parkinson e appunto di Huntington.

“Nei pazienti affetti da malattia di Huntington, la struttura della proteina subisce delle modificazioni gravi, che favoriscono la formazione di aggregati insolubili e la degenerazione di una struttura del cervello deputata al controllo dell’attività motoria e delle emozioni”, spiega Paolo Aridon, neurologo dell’Università di Palermo e collaboratore presso l’Unità di Genetica Molecolare Umana dell’Ospedale San Raffaele di Milano. La ricerca di Nukina, descritta sulle pagine di Nature Medicine, ha preso di mira proprio questi aggregati. “Inizialmente il team di ricercatori si è focalizzato sullo studio dell’azione di più di 200 disaccaridi (il gruppo di carboidrati di cui fa parte anche il saccarosio, cioè il comune zucchero) in un modello cellulare della malattia di Huntington”, dice ancora Aridon. “Una volta identificato lo zucchero più efficace nel bloccare la formazione di aggregati di huntingtina, il trealosio, sono passati al modello animale della corea di Huntington, dimostrando che la somministrazione orale di questo disaccaride era in grado di diminuire la quantità di aggregati proteici nel cervello, migliorare la performance motoria ed estendere la vita media degli animali trattati”, continua lo studioso.

Una terapia per la Corea di Huntington

A tutt’oggi non è ancora stata identificata una terapia efficace in grado di bloccare o rallentare la progressione della malattia, che si manifesta verso i 35 anni e porta a morte dopo 10-25 anni. Lo studio giapponese rappresenta quindi un passo molto importante: per la prima volta è stata identificata una molecola priva di effetti collaterali, facilmente somministrabile, disponibile in grandi quantità e con costi di produzione bassi (circa otto dollari americani al chilo). Inoltre, il meccanismo d’azione del trealosio nell’impedire la formazione di nuovi aggregati proteici di huntingtina potrebbe dimostrarsi efficace nel rallentare la progressione di altre patologie che presentano una similarità nel meccanismo scatenante. Per esempio, la sindrome di Kennedy, diverse forme di atassia spinocerebellare, l’atrofia dentato-rubro-pallido-luisiana e una forma di paraplegia spastica ereditaria. “Va comunque sottolineato che la scoperta del gruppo giapponese rappresenta la prima tappa di un cammino lungo, che richiederà ancora numerosi studi”, conclude il neurologo.

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