Doppel, proteina double face

È stato svelato il meccanismo con cui Doppel, una proteina normalmente presente nei tessuti del corpo umano ma non nel cervello, si trasforma nella sua forma tossica e danneggia le cellule del sistema nervoso portando all’atrofia del cervelletto. La colpa è tutta di una proteina del sangue, l’alpha 2 macroglobulina. A dimostrarlo uno studio della Scuola internazionale di studi superiori avanzati (Sissa) di Trieste, coordinato da Giuseppe Legname e Stefano Benvegnù, e pubblicato su PLoS One.

La proteina Doppel (Dpl) è molto simile – per caratteristiche biochimiche e strutturali – alla proteina prionica, uno sviluppo anomalo della quale è responsabile di malattie neurodegenerative fatali, dette encefaliti spongiformi trasmissibili, come la sindrome della mucca pazza (variante umana della malattia di Creutzfeldt-Jakob). La Dpl normalmente non è espressa nel cervello perché neutralizzata dalle proteine prioniche (sane, non anomale).

Per comprendere il meccanismo neurodegenerativo innescato dalla Dpl i ricercatori hanno studiato tutte le proteine con cui questa molecola interagisce. Quello che hanno scoperto è che il suo principale partner è l’alpha 2 macrogolubilina (una proteina del sangue, già noto fattore di rischio per l’Alzheimer) e che proprio questo legame è uno dei possibili meccanismi che scatenano l’azione mortale di Doppler nei confronti delle cellule nervose del cervelletto. Un’azione normalmente contrastata dalla proteina prionica.

L’interazione fra Doppel e l’alpha 2 macrogolubilina, però, non è sempre dannosa: “In particolare, sembra che il legame sia benefico per il sistema riproduttivo maschile e che l’espressione di Dpl sia necessaria per una corretta prestazione degli spermatozoi, al contrario la sua espressione nel cervello e l’interazione con l’alpha 2 macrogolubilina sembra altamente tossica. Dunque lo stesso meccanismo biologico pare sia benefico per il sistema riproduttivo maschile e letale per il sistema nervoso centrale”, ha spiegato Giuseppe Legname. (c.v.)

Riferimenti: PLoS One doi:10.1371/journal.pone.0005968

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