Dov’è finito Ettore Majorana?

Dove è  finito Ettore Majorana? Sono in molti a chiederselo, ma il caso rimane ancora aperto e discusso. La notte del 27 marzo 1938 Majorana si imbarca a Palermo alla volta di Napoli, dove tuttavia al mattino del giorno successivo scompare nel nulla. A far pensare al peggio un telegramma, che il fisico aveva spedito due giorni prima dichiarando intenti suicidi. Poi una rapida smentita, sempre telegrafica, e dopo il silenzio.

Partendo da questi pochi indizi, il fisico Erasmo Recami si è messo sulle tracce di un fantasma, che da oltre cinquant’anni torna a infoltire il mistero. Qualcuno dice di averlo visto in Argentina. Qualcun altro di aver avuto notizia di una sua scelta clericale.

Figura storica del gruppo di via Panisperna, Majorana è diventato celebre proprio in virtù di queste ipotesi fantapolitiche. Ma in verità non era una celebrità, o almeno faceva di tutto per non esserlo.

E appunto all’uomo e allo scienziato, a com’era e chi era veramente Ettore Majorana, che Erasmo Recami ha dedicato il suo libro, “Il caso Majorana”, ripubblicato dall’editore Di Renzo con migliori risultati rispetto alla precedente edizione Mondadori passata del tutto inosservata.

L’autore ha esaminato e raccolto scrupolosamente prove e testimonianze sugli eventi di quella misteriosa notte e degli anni a venire, ma Recami non si lancia in nulla di più che non sia una scrupolosa cronaca giornalistica dei fatti. Esistono testimonianze che farebbero supporre una meditata fuga da parte di Majorana, non per scopi di controspionaggio – come a molti piacerebbe credere – ma per via di un’autentica crisi esistenziale.

Un uomo schivo, ma generoso. Così ce lo descrivono i familiari e gli amici. Un autentico genio, insofferente per la stupidità altrui e incapace di vincere la propria introversione, dicono Enrico Fermi e i colleghi di lavoro. Uno scienziato capace di anticipare i tempi e le scoperte, ma anche terribilmente restio a coltivare la propria immagine pubblica. Tant’è che dei contributi scientifici di Majorana si ha notizia molto spesso solo per testimonianza indiretta, poiché la sua scrupolosità quasi maniacale e la tendenza ad abbandonare una pista quando gli era ormai del tutto chiara gli impedivano sovente di mettere per iscritto le sue ricerche.

Così l’uomo che all’alba del 28 marzo 1938 scompare nel nulla è un uomo forse turbato dalla strada intrapresa dalla ricerca scientifica, che porterà di lì a poco Enrico Fermi a firmare il capitolo più importante e più tragico della fisica nucleare. O forse è semplicemente un uomo stanco di quella estenuante lotta condotta per creare un ponte, una comunicazione anche minima, tra la sua genialità e la banalità del mondo circostante.

Il libro

Erasmo Recami
Il caso Majorana
di Renzo Editore, 2001

pp.273; lire 24.000

1 commento

  1. Salve a tutti ,ho quasi 60 anni e vi dico che ero a Londra nel 1969-70. sono sicuro che ho conosciuto il signor E.Majorana viveva da barbone, le poche volte che l’ho visto ho parlato con lui sopravviveva pieno di giornali addosso x il freddo con grosso cappottone disteso a terra nei pressi di una mini stazione di taxi dryver con relativo w.c.ma era una scena squallida quando gli chiesi cosa facesse , la persona mi rispose molto gentile e capì immediatamente che ero pure io italiano parlò molto a bassa voce con un linguaggio mlto dotto x me che ero giovanissimo disse che odiava tutto e tutti ma raccontò propio di essere Mjorana secondo me non era un pazzo che si spacciava x lui in quanto parlò di fisica schienza ecc. ne rimasi affascinato aveva pochi capelli radi sporchissimi e la barba ripeto parlava come un professore unversitario mi disse di non dire nulla a chiunque,qualche tassista inglese quando andava a lavarsi le mani in quel box lo chiamò sottovoce “prof”poi unaltra volta mi disse che non ce la faceva più un giorno o l’altro avrebbe fatto una brutta fine ma x lui l’aldilà era la stessa cosa che sopravvivere come stava lui così gli chiesi se avesse chiesto mai aiuto, ma disse che gli inglesi lo credevano un barbone inglese e ciò lo rendeva” invisibile”a chi non lo conoscesse forse ho avuto all’epoca molta fortuna a interloquire con lui ricordo che la prima volta esclamai in napoletano che c.. dopo l’urto del gomito fra me e un poliziotto che poi mi bastonò violentemente e inutilmente con un manganello credendo che fossi un altro barbone semmai ubriaco ma si sbaglò in quanto cercavo solo un posticino x fare la pipì per poi riprendere il treno alla stazione Victoria x Wikford .

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