Dove i pinguini muoiono di fame

Giù del 50% in soli trenta anni. È la triste conta dei pinguini che vivono nella parte occidentale della Penisola Antartica e nell’adiacente Mare di Scotia. Il motivo? Finora il fenomeno è stato imputato alla profonda trasformazione, ad opera dell’essere umano, dell’habitat di questi animali, che presenta sempre meno ghiaccio. Infatti, il graduale innalzamento delle temperature, che in questa regione ha raggiunto i 5-6 gradi centigradi, ha notevolmente ridotto la copertura a banchisa durante la stagione invernale. Ora, però, sembra che questa ipotesi non regga più e Wayne Trivelpiec, biologo e professore alla Montana State University, insieme ai suoi colleghi della Noaa, avanza un’altra spiegazione. 

Nel loro studio, pubblicato su Pnas, i ricercatori hanno esaminato le due specie maggiormente interessate da questo crollo demografico: il pinguino Adelia (Pygoscelis adeliae) ed il pinguino dal sottogola (o dell’Antartide, Pygoscelis antarctica). Diversamente dal primo, che trascorre l’inverno sulla banchisa, il secondo risente meno dello scioglimento dei ghiacci, trascorrendo molto più tempo in mare. 

Diversamente da quello che ci si aspettava, sia i pinguini Adelia sia i Sottogola sono in declino in tutta la penisola antartica occidentale. Partendo da questa osservazione, Trivelpic suggerisce che a causare la diminuzione di questi uccelli non sia lo scioglimento dei ghiacci, ma la scarsità di cibo. È provato, infatti, che con l’aumento delle temperature oltre alla superficie di ghiaccio diminuisce anche la densità di krill (Euphausia superba), nutrimento principale di entrambe le specie. Si calcola che il riscaldamento del mare e l’incremento di altri animali mangiatori di krill – soprattutto le balene, che fino a poco tempo fa venivano cacciate, ma anche alcuni pesci e tipi di foca – abbiano ridotto le quantità di gamberetti per i pinguini dell’80 per cento rispetto agli anni Settanta.

Le analisi effettuate su resti di gusci d’uovo dimostrano che nell’arco di 200 anni la dieta di questi animali ha subito una grande trasformazione (prima, infatti, si nutrivano di pesci), ma i dati raccolti negli ultimi 30 anni non evidenziano alcuna inversione né cambiamenti: il krill, nonostante la notevole scarsità, continua a rappresentare la loro fonte di sussistenza primaria. Se il riscaldamento dell’Antartide proseguirà, avvertono gli studiosi, la disponibilità di  krill si ridurrà ulteriormente e le popolazioni di pinguini di Adelia e Sottogola probabilmente continuerà a diminuire.

Riferimento: doi/10.1073/pnas.1016560108

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