Categorie: Società

Due ruote per un mondo migliore

Marc Augé
Il bello della bicicletta
Bollati Boringhieri 2009, pp.69, euro 8,00

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Mezzo semplice, a volte semplicissimo, la bicicletta è stata per anni considerato un dinosauro della nostra tecnologia. Come può un pezzo di metallo con due ruote leggere e sottili competere con i raffinati prodotti dell’industria dell’auto? Come si può mettere sullo stesso piano stradale un incrocio potente di petrolchimica ed elettronica, e un trabiccolo che funziona principalmente con muscoli e forza di volontà? Invece, stranamente, il confronto si fa sempre più serrato, almeno per la gran parte degli spostamenti cittadini. In Europa, l’uso della bici nelle città sta aumentando vistosamente, complici la crisi economica, la crescente consapevolezza ambientale e l’insostenibile carico di stress associato all’uso urbano dell’automobile. Anche in Italia la bici sta tornando di moda, anche se in un panorama misto, con città che fanno passi avanti e altre che invece fanno di tutto per disincentivare la mobilità ciclabile.

Marc Augé, etno-antropologo, ha scritto questo breve pamphlet per dichiarare il proprio amore per la bici e per analizzare alcuni aspetti dell’immaginario collettivo legato a questo mezzo di spostamento. Centrato sulla cultura francese, mette a fuoco il ruolo del Tour de France per la costruzione di un sentimento comune che lega la bici ai miti contemporanei. Tra Fausto Coppi (eroe molto apprezzato anche oltralpe) e Roland Barthes, il quale identificava nei ciclisti alcuni dei “miti d’oggi”, Augé identifica alcuni temi fondanti della cultura contemporanea relativa al movimento a pedali. Da un lato, sottolinea come il mito venga molto spesso calato nel quotidiano (e particolarmente dai ragazzi), giocando con l’identificazione del proprio sforzo con quello dei campioni. Dall’altro, analizza invece i sentimenti suscitati dall’uso della bici nella società contemporanea: libertà, riscoperta della comunità, esperienza della propria fisicità. Il tutto condito da una sorta di ribellione nei confronti della cultura dell’automobile, onnipresente sotto forma di traffico, inquinamento atmosferico e pubblicità.

La bici diventa quindi il mezzo per la riscoperta di un sogno, veicolo verso l’utopia di città luogo di incontro e di scambio, non più solo fonte di stress da ingorgo o da parcheggio. Così facendo, la bicicletta può riportare l’essere umano al centro dell’esperienza di vita, fisicamente ed emotivamente, uscendo dai comparti chiusi delle auto e dai percorsi obbligati dei mezzi pubblici. Potrebbe quindi essere la chiave per trovare un’uscita dalle crisi che attanagliano le grandi metropoli, un modo per intraprendere cambiamenti sociali e culturali di largo spettro. È chiaro che tale mutamento non avverrà solo grazie alla bici, ma le due ruote potrebbero diventare il simbolo di una società più vivibile, dove le persone si sentono sicure e non assediate da auto nemiche, e dove magari non si è costretti a estenuanti pendolarismi per raggiungere un posto di lavoro. Il circolo può allora diventare virtuoso, si pedala per un mondo migliore e perché il mondo è migliorato. Il delizioso libretto di Augé indica allegramente la strada: tutti possiamo percorrerla, ovviamente pedalando.

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