E’ italiano il gene del neuroblastoma

Italiani all’estero: come molti dei nostri ricercatori più illustri e prolifici di scoperte scientifiche. Antonio Iavarone e Anna Lasorella sono oggi all’Albert Einstein College of Medicine di New York dove hanno potuto lavorare alla loro impresa più importante: studiare il meccanismo genetico che causa il neuroblastoma, un tumore del sistema nervoso che si presenta nei bambini sotto i 10 anni in maniera molto aggressiva e quasi sempre mortale. Lo studio italiano, pubblicato su Nature, svela come un difetto genetico produca un errato “dialogo” fra due proteine e quindi la malattia. In particolare, sarebbe una sovrapproduzione di proteina Id2, prodotta dal gene scoperto dai due ricercatori, a compromettere il meccanismo naturale di salvaguardia predisposto dall’organismo contro la crescita tumorale e regolato dalla proteina del retinoblastoma. Ora appare chiaro anche che a causare questa sovrapproduzione è l’oncogene N-myc, in grado di stimolare in maniera abnorme la moltiplicazione delle cellule sfuggendo ai meccanismi di controllo fisiologici. Come è stato possibile scoprire tutto questo e quali prospettive per la realizzazione di farmaci in grado di bloccare questa proliferazione cellulare ce lo spiega la stessa Anna Lasorella.

Dottoressa Lasorella come siete arrivati a questa scoperta?

“Abbiamo iniziato i nostri studi sulla funzione del gene Id2 da alcuni anni: all’inizio abbiamo indagato la sua particolare caratteristica di associarsi alla proteina del retinoblastoma e di impedire così che questa svolgesse la sua funzione naturale di soppressore della proliferazione cellulare. Da questi esperimenti è nata l’idea di verificare l’importanza dell’associazione “in vivo”, negli animali. In particolare utilizzando topi privi del gene del retinoblastoma. Durante questi anni di lavoro ci siamo anche convinti dell’importanza di Id2 nel processo di sviluppo sia del sistema nervoso centrale (cioè il cervello) che di quello periferico. Quindi abbiamo cominciato a focalizzare la nostra attenzione su questi tessuti sia in condizioni normali, sia quando erano colpiti da tumore”.

Qual è il ruolo dell’Id2 nello sviluppo della malattia?

“Il neuroblastoma è un cosiddetto tumore embrionale. Il termine indica un fenomeno tipico dei tumori dell’infanzia: l’origine è una deviazione dal normale corso dello sviluppo. Con il nostro studio abbiamo capito che Id2 agisce mantenendo alta la velocità di moltiplicazione delle cellule in un momento in cui normalmente esse dovrebbero fermare la loro crescita ed acquisire delle funzioni specializzate. Questo processo di blocco proliferativo, la sospensione specializzazione, è governato dalla proteina del retinoblastoma che, in condizioni normali sottometterebbe al suo controllo Id2. Tuttavia in presenza di quantità abnormi di quella prodotta da Id2 la proteina del retinoblastoma diviene incapace di esercitare il suo freno”.

E cosa provoca la sovrabbondanza di Id2?

“Il gene Id2 e il suo prodotto sono strettamente legati all’oncogene N-myc, la cui presenza è massiccia in particolare nel neuroblastoma, ma anche in altri tumori. Infatti quando i neuroblastomi, cioè le cellule colpite, contengono molte copie di questo oncogene registriamo anche una quantità elevata della proteina prodotta da Id2. Viceversa essa è quasi assente nei tumori dove l’N-myc non è coinvolto. Alcuni studi più complessi di analisi delle sequenze geniche che controllano la produzione della proteina Id2 ci hanno permesso di determinare con certezza che la produzione di questo gene è stimolata direttamente dall’oncogene N-myc”.

Quanto tempo ci vorrà perché la vostra scoperta dia dei frutti in termini di cure?

“La cura non è a portata di mano e non saremmo seri se indicassimo dei tempi precisi. Per adesso infatti abbiamo lavorato solo su topi di laboratorio. L’osservazione iniziale di una interazione tra la proteina Id2 e quella del retinoblastoma e dell’esistenza di un dialogo funzionale tra le due proteine è stata comunque ottenuta utilizzando cellule umane. Abbiamo quindi più di una speranza di poter utilizzare i risultati del nostro studio per ottenere forme di terapia nuove e più efficaci per un tumore che oggi, nella sua forma più frequente è inevitabilmente mortale”.

Quali saranno le prossime tappe del vostro lavoro?

“Un obiettivo immediato è ripristinare il controllo della proliferazione cellulare agendo sui livelli di Id2 e capire in quali altri tumori questo gene agisce nello stesso modo. La nostra linea di ricerca ha però un orizzonte più ampio: la comprensione dei meccanismi biologici alla base di tutti i tumori dei bambini”.

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