E’ tempo di mutare

Piante che fioriscono a febbraio, pesci tropicali che nuotano nel Mediterraneo, uccelli che migrano “fuori stagione”. Che le specie animali, obtorto collo, avessero la capacità di adattarsi al riscaldamento globale, modificando abitudini, comportamenti e caratteristiche morfologiche, lo sapevamo già. Ma questa è solo metà della storia. L’altra metà la svelano questa settimana su Science due ricercatori della University of Oregon, William Bradshaw e Christina Holzapfel, che si fanno portavoce di diversi studi sulla spinta evolutiva del clima sulla fauna. La rapidità dei recenti cambiamenti climatici detta il passo anche alla genetica: accelera l’evoluzione, inducendo mutazioni ereditarie che consentono alle specie più disparate, come scoiattoli, uccelli e insetti, di non soccombere a un ambiente che si stravolge troppo in fretta. Negli ultimi 40 anni, un tempo irrisorio su scala evolutiva, gli organismi hanno sviluppato una risposta ereditaria. È una scala temporale così breve che Giampiero Maracchi, direttore dell’Istituto di biometeorologia del Cnr, stenta a credervi: “Il clima ha un impatto importante sugli ecosistemi, ma il Dna non si modifica in modo macroscopico nell’arco di poche generazioni, è un effetto paragonabile alle radiazioni ionizzanti”.Eppure i ricercatori portano tanto di esempi: lo scoiattolo rosso del Canada in primavera si riproduce prima per sfruttare a proprio vantaggio la produzione precoce delle pigne sugli abeti, la sua primaria fonte di nutrimento. Alcune capinere, uccello tipico dell’Europa centrale, preferiscono svernare in Gran Bretagna piuttosto che in Spagna: questa sotto-popolazione presenta una particolare mutazione che gli consente di migrare in anticipo per la nidificazione, accaparrandosi i territori e i compagni più vantaggiosi. Il successo evolutivo delle cince, invece, si misura nella capacità di regolare il periodo della deposizione delle uova. La sopravvivenza dei piccoli dipende dai bruchi, ma la primavera precoce fa sì che i bruchi maturino prima. E così, quando le uova si schiudono è già troppo tardi. Gli esemplari di cincia che hanno sviluppato la variazione per covare prima hanno maggiori probabilità di farcela. Anche gli insetti si stanno adattando: zanzare e moscerini che vivono in Nord America si adeguano ai ritmi larvali delle specie che vivono più Sud. “Tutti questi esempi di adattamento”, affermano gli studiosi statunitensi, “hanno implicazioni a livello genetico e sono correlati alle variazioni stagionali. Non c’è evidenza di una risposta evolutiva all’aumento delle temperature in quanto tale”. Il problema, quindi, non è tanto che fa più caldo, quanto piuttosto che le stagioni non sono più quelle di una volta: l’inizio e la durata sono sballati. Soprattutto al Nord, dove l’effetto del riscaldamento climatico si percepisce di più, gli inverni sono meno rigidi e lasciano prima il posto a temperature più miti. Così il clima scandisce la vita degli animali: quando è il tempo di maturare, riprodursi, entrare in letargo, migrare. Tuttavia, la capacità di evolvere in fretta come risposta al recente riscaldamento del pianeta non è di per sé un’assicurazione per la sopravvivenza: “Gli animali di taglia piccola, che hanno cicli di vita brevi e popolazioni numerose, probabilmente si adatteranno a stagioni sempre più lunghe e sapranno sopravvivere”, afferma Radshaw, “Ma le specie animali più grosse, meno numerose e con cicli di vita più lunghi potrebbero non riuscirci ed essere rimpiazzate dalle specie meridionali”. Non è ancora chiaro il legame tra il tasso di trasformazione ambientale ed evolutiva. Ma non ci sono dubbi, concludono i ricercatori, che “se non si fa qualcosa per mitigare la situazione, le comunità naturali che oggi ci appaiono familiari nel prossimo futuro potrebbero cessare di esistere”.

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