Ecco il mammografo illuminato

La mammografia – tecnica ormai di larghissima applicazione per la diagnosi del cancro mammario – è efficace al 90 per cento: in 10 casi su 100, l’esito è, purtroppo, incerto. Le donne, pertanto, hanno due opportunità: ripetere l’esame a distanza di un intervallo di tempo, oppure sottoporsi a una biopsia (esame invasivo che consiste nell’aspirazione, con un ago, di una porzione di tessuto). Uno scoglio che, a breve, potrebbe essere superato: entro la fine dell’anno, per la prima volta al mondo, verrà infatti sperimentato un mammografo “illuminato”, reso più efficiente da un fascio di luce generato da un sincrotrone. La sperimentazione verrà eseguita a Trieste nell’ambito di un progetto che coinvolge l’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), il dipartimento di Radiologia della facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Trieste e la Società Sincrotrone di Trieste. ”La sperimentazione”, ha spiegato Edoardo Castelli, coordinatore del progetto durante la presentazione presso il Centro di cultura scientifica “Ettore Majorana” di Erice, “ha una grande valenza: nei casi incerti, infatti, non sempre è possibile procedere a una biopsia; pertanto, spesso, si ricorre a un ulteriore accertamento a distanza di tempo. E tutto ciò, oltre ad avere implicazioni psicologiche non secondarie – cioè a dire la donna che ha ricevuto una diagnosi dubbiosa è costretta a convivere quotidianamente con questo pensiero anche per mesi -, accresce i tempi di diagnosi e terapia con le immaginabili conseguenze per la paziente. Noi contiamo invece di essere in grado di dare una risposta esauriente a tutti i casi dubbiosi, anche quando ci troviamo in presenza di neoplasie di ridottissime dimensioni che non si riescono ad evidenziare”. Il mammografo “illuminato” con luce di sincrotrone, tuttavia, ha un limite: non è trasportabile in quanto legato al funzionamento di un acceleratore di particelle (nel caso specifico l’Elettra di Trieste). E proprio in una sala attigua a Elettra è stata allestita una stazione radiologica clinica che ospiterà le pazienti. Lo studio partirà con l’esame di un centinaio di donne. “Questo primo gruppo di pazienti”, dice Castelli, “non avrà grossi benefici: la sperimentazione ci permetterà però di validare l’esame diagnostico”. La nuova metodologia, inoltre, dovrebbe consentire di impiegare una quantità minore di radiazioni per eseguire una mammografia. “Gli elementi sostanziali di una mammografia”, va avanti il ricercatore, “sono tre: la sorgente, l’organo da esaminare e il rivelatore. Il nostro progetto si prefigge di migliorare l’esame modificando sorgente e rivelatore. I fasci monocromatici laminari provengono da un magnete del sincrotrone Elettra; il rivelatore è invece un dispositivo a stato solido a pixel, costruito appositamente per scopi clinici”. Una volta entrato a regime il mammografo “illuminato” con luce di sincrotrone sarà impiegato per esami di secondo livello, post screening. La nuova macchina, quindi, non è destinata a sostituire la mammografia, ma a integrarla. “Gli esami mammografici che vengono eseguiti oggi”, afferma Castelli, “vanno benissimo e sono molto affidabili. Nostro compito sarà esclusivamente quello di intervenire laddove l’attuale tecnologia diagnostica non è in grado di vedere”. Intanto, mentre la ricerca è impegnata a studiare delle sorgenti compatte (che dovrebbero, in futuro, consentire di impiegare anche all’interno degli ospedali mammografi “illuminati” da acceleratori di dimensioni ridotte), la sezione di Pisa dell’Infn, sta lavorando per mettere a punto un rivelatore più sensibile da poter adattare ai mammografi oggi in uso. La ricerca – è stato affermato nel corso del workshop di Erice – è già a uno stadio avanzato e dovrebbe consentire, entro alcuni mesi, di attivare i mammografi con i nuovi rivelatori per eseguire diagnosi di primo livello. “La collaborazione fra fisici e medici è sempre stata forte e produttiva”, ha sostenuto Enzo Iarocci, presidente dell’Infn che ha scelto Erice per illustrare anche i promettenti risultati ottenuti da questo “matrimonio”: nel campo della cura dei tumori dell’occhio, per esempio, con l’adroterapia (metodologia che consiste nel bombardare con fasci di protoni tessuti neoplastici) presso i Laboratori Nazionali del Sud di Catania sono stati eseguiti con successo 66 interventi in meno di due anni.

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