Embrione vs. madre

Dignità per l’embrione. È questa la filosofia dominante della nuova proposta di legge elaborata dall’onorevole Dorina Bianchi (Ccd-Cdu) in materia di procreazione medicalmente assistita (Pma) che andrà in discussione alla Camera subito dopo il ponte del primo maggio. Una rapida votazione e poi subito al Senato per venire definitivamente approvata. Ma il testo, che è uscito dalla Commissione Affari Sociali praticamente intonso, è stato definito “inconcepibile”, “un mostro giuridico”. “In Italia si è sempre cercato far prevalere la tesi cattolica secondo la quale l’ovocita fecondato è da considerare un essere umano”, afferma Yoram Meir, ginecologo e referente per il servizio di diagnosi e cura della sterilità e per le procedure di procreazione medicalmente assistita presso l’Istituto per l’Infanzia Burlo Garofalo di Trieste. “Questo è quanto viene sottointeso nell’articolo 1 in cui vengono assicurati i diritti di tutti i soggetti, in particolare quelli del concepito, oppure quando si vieta l’aborto di tipo terapeutico che dovrebbe garantire la possibilità di interrompere la gravidanza in caso di complicazioni ”, va avanti il medico. Secondo le stime dei medici che da anni si occupano di Pma, se la legge dovesse diventare operativa, la possibilità di ottenere una gravidanza attraverso queste tecniche verrebbe ridotta addirittura del 30-40 percento. Ma la cosa più grave è che per tutelare l’embrione fin dallo stato di cellula-uovo fecondata, si mette in secondo piano la salute della madre.

Quello della fecondazione assistita è da sempre un tema scottante, un terreno dove si scontrano valori laici e religiosi, argomentazioni scientifiche e prese di posizione ideologiche. Nelle ultime settimane parlamentari laiche, associazioni che si battono per i diritti delle donne, rappresentanti del mondo gay e medici si stanno mobilitando per contrastare una proposta di legge che giudicano inammissibile per uno Stato che si considera laico e democratico. L’accusa che viene mossa ai relatori dalle associazioni – le più accanite sono Madre provetta e Mamme online, un movimento telematico nato in rete da un forum di discussione sulle Pma -, è quella di volere far passare “una legge che non tutela la salute ma scrive regole morali”. E che soprattutto non fornisce una regolamentazione sull’uso della Pma, mettendo invece a serio rischio sia la salute della donna che quella del nascituro. Ci sono infatti due livelli di scontro. Da una parte si contesta il divieto dell’utilizzo di gameti esterni alla coppia e la limitazione dell’accesso alle tecniche di riproduzione artificiale alle sole coppie eterosessuali consolidate (art. 4), escludendo così a priori le coppie omosessuali e le donne single. Dall’altra, si critica tutta un’altra serie di limitazioni e articoli che comprometterebbero in maniera seria l’efficacia delle tecniche di fecondazione assistita come, per esempio, il divieto di ogni distruzione deliberata di embrioni e del loro congelamento (art.13).

I punti da considerare sono diversi. “Non poter congelare gli embrioni e i gameti vuol dire sottoporre la donna a pesanti terapie ormonali e a ripetuti prelievi di ovociti per ogni nuovo tentativo di fecondazione. Con tutti i disagi che ciò comporta e con il rischio di gravi effetti collaterali che possono insorgere a breve e a lungo termine”, spiega ancora Meir. “Mi riferisco alla sindrome da iperstimolazione ovarica che interviene nell’1-2 per cento dei casi e che può portare anche al decesso. Inoltre, anche se non ci sono pubblicazioni scientifiche a riguardo, rimane aperta l’ipotesi che subire trattamenti ormonali così potenti possa favorire l’insorgenza di tumori. Poi c’è anche il prelievo degli ovociti, operazione che viene fatta in anestesia totale e può portare infezioni o emorragie”. Per non parlare del danno economico – ogni tentativo arriva a costare anche cinquemila euro – che, se nel caso delle cliniche private è totalmente a carico del paziente, nelle strutture pubbliche pesa sul sistema sanitario nazionale.

Il disegno di legge della Casa delle Libertà va oltre e fissa il numero degli ovuli che si possono fecondare a ogni intervento. “Si è arrivati a stabilire che siano tre perché gli embrioni prodotti devono essere tutti impiantati in utero. Questa è una cosa gravissima, perché spesso si vede anche al microscopio che alcuni sono portatori di anomalie cromosomiche”, sottolinea il medico. Ancora: viene limitata anche la diagnosi pre-impianto che si fa per valutare lo stato di salute degli embrioni, vietando allo stesso tempo la possibilità di effettuare l’interruzione di gravidanza nel caso si verificassero complicanze, come un feto malformato o gestazioni plurigemellari. “In Italia c’è un’assoluta mancanza di legislazione sulla Pma. È giusto fare una legge che regoli l’argomento, ma questa proposta è assurda, non può essere accettata nell’ambito di un Paese della Unione Europea”, conclude il ginecologo.

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