Embrioni alla ricerca

In Italia la legge 40 in materia di fecondazione assistita parla chiaro: i titolari di embrioni crioconservati possono decidere di “abbandonarli”, e quindi di consentirne il trasferimento nella Biobanca Nazionale situata presso il Centro trasfusionale dell’Ospedale Maggiore di Milano, dove è stato attivato in maniera centralizzata un centro di crioconservazione, oppure di continuare a tenerli lì dove sono, in attesa di successivi impianti. Ma cosa succede in paesi dove le scelte sono più di due? E soprattutto, quanti, dopo tre anni di crioconservazione, vorrebbero donare i loro embrioni per fini di ricerca? Se lo sono domandati alcuni ricercatori della Banca per le cellule staminali spagnola, e per rispondere all’interrogativo hanno formulato un questionario da sottoporre ai genitori di embrioni crioconservati da più di tre anni. Risultato: il 49 per cento degli intervistati sceglie di farne materiale da ricerca.

In Spagna la legge obbliga i centri di procreazione medicalmente assistita a porre i genitori davanti a quattro possibilità: mantenere gli embrioni in esubero crioconservati per un successivo riutilizzo (in ogni caso fino alla fine dell’età fertile della donna), donarli ad altre coppie infertili per scopi riproduttivi, donarli alla ricerca biomedica (compresa quella sulle cellule staminali), distruggerli. I ricercatori, che hanno pubblicato i risultati della loro indagine su Cell Stem Cell, hanno intervistato nel corso di tre anni 97 coppie che si erano rivolte a due centri spagnoli.

Prima di compilare il questionario in cui veniva loro chiesto di esercitare la scelta, alle coppie venivano spiegate nei dettagli le quattro opzioni alla presenza di un embriologo, di uno psicologo e un avvocato a garanzia della correttezza delle informazioni date. Al termine dei colloqui il 49 per cento degli intervistati ha firmato per donare gli embrioni alla ricerca, il 44 per cento per tenerli ancora nelle proprie disponibilità, il 7 per cento per donarli ad altre coppie infertili e solo l’1 per cento ha scelto la distruzione. “I nostri risultati”, commentano i ricercatori spagnoli, “sono molto diversi da quelli ottenuti recentemente negli Stati Uniti che indicano, invece, come il 54 per cento delle coppie trattate abbiano chiesto di distruggere i propri embrioni, il 43 per cento abbia scelto di donarli alla ricerca e il 3 per cento li abbia donati ad altre coppie”. E ancora più in contrasto con lo studio Sart-Sand condotto sempre negli Usa nel 2003, da cui risultava che solo il 2,8 per cento degli embrioni crioconservati venivano destinati alla ricerca.

Un differenza dovuta in gran parte al metodo con cui sono state condotte le inchieste: nel caso spagnolo, come detto, la compilazione del questionario è avvenuta dopo un approfondito colloquio e sono state intervistate solo coppie i cui embrioni erano congelati da più di tre anni; nel caso dello studio Sart-Sand, invece, i genitori venivano interrogati per posta e senza distinzione fra quanti avevano terminato i cicli di inseminazione e quanti li stavano portando ancora avanti. “Pensiamo che a fare la differenza sia il colloquio che permette di sciogliere dubbi etici, legali e scientifici e consente una migliore conoscenza delle problematiche”, spiegano ancora i ricercatori spagnoli.

In Svezia, si legge ancora nelle pagine di Cell Stem Cell, dove è permessa la ricerca anche su embrioni freschi, uno studio analogo ha sondato l’opinione delle coppie circa la donazione dei loro embrioni e ha scoperto che il 92 per cento è d’accordo a destinare a questo scopo gli embrioni di qualità così scarsa da non poter essere usati né per i cicli di inseminazione né per la crioconservazione.

“In Italia i genitori, anche se volessero, non potrebbero esercitare il diritto di decidere la sorte dei loro embrioni”, commenta Filomena Gallo, presidente dell’Associazione Amica Cicogna e membro della direzione della Rosa nel Pugno. L’articolo 13 della legge 40 vieta infatti la distruzione e la ricerca sugli embrioni crioconservati prima dell’entrata in vigore della norma (dopo questa non è infatti più permessa la crioconservazione). E da loro solo due alternative: firmare lo stato di abbandono o riconoscerli e dichiarare di volervi conservare ancora in attesa di ulteriori trasferimenti. “O che la legge cambi”, va avanti Gallo. “Molte coppie avevano già deciso che alla fine dei cicli li avrebbero donati alla ricerca e non capiscono come sia possibile che la loro volontà non venga rispettata. Per questo hanno deciso di prendere tempo, non abbandonandoli e sperando che qualcosa cambi”.

Intanto l’Associazione Luca Coscioni ha lanciato la campagna di disobbedienza civile “…Per non marcire a Milano” indirizzata a tutte le coppie titolari di embrioni non più impiantatili che vogliano donarli alla ricerca. “Abbiamo ricevuto già alcune richieste, ma si sta valutando con degli avvocati come far in modo che la responsabilità di questa – che è a tutti gli effetti una violazione della legge – possa ricadere solo sull’associazione e non sulle coppie”, spiega Gallo. Per ora, quindi, quella di dare embrioni italiani a centri di ricerca internazionali è solo un’ipotesi, ma in attesa che possa diventare realtà le coppie possono firmare per non abbandonare gli embrioni così che non vadano nel centro di Milano.

Ma quando è previsto il trasferimento? Non prima che venga concluso il censimento degli embrioni orfani, così come ha stabilito la legge. “Operazione conclusa”, spiega Giulia Scaravelli, coordinatrice del registro nazionale Pma istituito presso l’Istituto Superiore della Sanità, incaricato dal Ministero della Salute di eseguire il censimento. “I risultati, che saranno annunciati dal ministro nei prossimi mesi, non possono però considerarsi definitivi”. I centri di procreazione assistita, infatti, hanno inviato ai genitori lettere nelle quali chiedevano di esercitare la scelta, ma ci sono casi in cui non si è riusciti a entrare in contatto con i titolari e, quindi, sebbene in qualche modo “abbandonati”, questi embrioni per cui non ci sia stato l’esplicito consenso al trasferimento non possono essere portati a Milano. Una volta dato l’annuncio rimane solo la questione del trasferimento. “Se il Ministero vorrà affidarci anche il compito di trasportare gli embrioni alla biobanca nazionale noi siamo pronti, abbiamo già predisposto un protocollo di sicurezza insieme a un gruppo di esperti di criobiologia”, conclude Scaravelli. Lì, poi, rimarranno conservati indefinitivamente. Finché qualcuno non deciderà quale debba essere il loro destino.

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