Categorie: SocietàVita

Essere social aiuta a dimagrire

Condurre una vita stimolante anche dal punto di vista sociale aiuterebbe a perdere peso e a mantenersi in forma. A dirlo è Matthew During e il suo gruppo di ricerca presso l’Ohio State University Medical Center, negli Usa, che da tempo indagano sugli effetti della socialità sulla salute. Secondo il loro ultimo studio, pubblicato su Cell Metabolism, un ambiente ricco di stimoli innescherebbe un meccanismo importante per bruciare in maniera efficace le calorie in eccesso: la trasformazione del grasso bianco (che immagazzina i lipidi) in grasso bruno (tipico dei neonati, che brucia i grassi per produrre calore). Finora solo l’esposizione a lunghi periodi di freddo sembrava in grado di attuare lo stesso processo fisiologico.

La ricerca è stata condotta su alcuni topi a cui gli scienziati hanno rivoluzionato l’ambiente: gruppi di 15 o 20 individui sono stati posti in gabbie molto spaziose, attrezzate con ruote girevoli, percorsi con tunnel e labirinti, giochi in legno e materiale per costruire i nidi, oltre che con riserve illimitate di cibo e acqua. Per poter verificare e confrontare gli effetti dell’ambiente sulla salute dei topi, i ricercatori hanno mantenuto dei gruppi di controllo, ognuno costituito da 5 individui posti nelle normali condizioni di laboratorio (piccole gabbie con cibo e acqua a volontà, ma senza giochi).

Dopo quattro settimane, During ha notato che, a parità di cibo ingerito, i topi del primo gruppo non solo avevano preso meno peso rispetto agli animali di controllo –  come era logico aspettarsi – ma soprattutto avevano perduto quasi il 50 per cento del tessuto adiposo bianco addominale. Riduzione che non sembrava essere dovuta esclusivamente all’aumento di attività. Questi topi, infatti, presentavano una temperatura corporea più elevata, segnale di una maggiore quantità di energia prodotta e quindi di grasso bruno in aumento: un fattore che evita l’insorgere dell’obesità per eccessiva alimentazione.

Secondo During, l’interruttore biologico in grado di attuare questa conversione del grasso risiederebbe in un circuito neuronale che coinvolge l’ipotalamo. Un ambiente stimolante aumenta infatti la produzione di una proteina chiamata BDNF (brain-derived neurotrophic factor), implicata nel controllo dell’ingestione di cibo e nel bilancio energetico, in questa area cerebrale. L’aumento dei livelli di BDNF fa poi partire  alcuni segnali del sistema simpatico diretti alle cellule del grasso bianco. Tali segnali, a loro volta, attivano specifici geni per la produzione di grasso bruno, Prdm16 e Ucp1 (vedi Galileo: “Gli interruttori del grasso buono”).

Riferimento: Cell Metabolism 10.1016/j.cmet.2011.06.020

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