I recenti attacchi che hanno bloccato l’accesso a colossi del web come Amazon o Yahoo!, culminati con l’arresto del quindicenne canadese soprannominato Mafiaboy, spingono la comunità internazionale a individuare leggi sovranazionali per combattere il cybercrimine. E l’ultima proposta viene dal Consiglio d’Europa (http://www.coe.int)- l’organizzazione internazionale con sede a Strasburgo per la difesa della democrazia e dei diritti umani – che ha messo a punto nei giorni scorsi il “Draft Convention on Cyber Crime” (http://conventions.coe.int/treaty/en/projets/cybercrime.htm), una bozza del primo possibile trattato internazionale contro il crimine online.
La proposta, che sarà ufficialmente discussa entro il prossimo dicembre, verrà poi passata al giudizio dei singoli governi che dovranno ratificarla entro i primi mesi del 2001. Il testo propone “leggi e pratiche procedurali per i reati contro i sistemi e le reti di computer”, come spiegano dal Consiglio d’Europa, “per facilitare le indagini e la cooperazione delle diverse autorità nazionali”. La bozza prevede una serie di restrizioni messe a punto anche con la collaborazione dell’Fbi e di esperti canadesi, giapponesi e sudafricani. Tuttavia, alcune di queste norme presentano anche un rovescio della medaglia. Ecco i passaggi che destano qualche perplessità.
Se il nuovo disegno di legge sarà approvato, diventerà reato mettere in circolazione o scaricare qualsiasi programma che serva a guadagnare l’accesso, senza permesso, a sistemi di computer. Banditi anche i software in grado di cancellare o alterare dati, ovvero di interferire con il normale funzionamento di una rete. Ma questa è un’arma a doppio taglio: si vieterebbe infatti così anche l’uso di comuni strumenti per la sicurezza o di alcuni programmi di controllo come “nmap”, una utility presente nel sistema operativo Linux.
I governi nazionali saranno inoltre autorizzati a chiedere di rivelare eventuali parole d’ordine o codici crittografici con cui si proteggono i dati personali. E anche qui piovono critiche: negli Stati Uniti, per esempio, ciò violerebbe il diritto costituzionale a non autoincriminarsi.
Altro punto fondamentale della proposta è la lotta alla pedofilia: diventa reato possedere immagini – anche digitali – che “sembrino rappresentare” organi genitali di minori o minori coinvolti in atti sessuali. La prima parte della norma suona estremamente fumosa e ambigua (cosa significa “sembrare di rappresentare”?) e lascia spazio a molti dubbi. Diventa comunque criminale anche ospitare nel proprio sito eventuali link a pagine che contengano tali immagini.
L’ultimo passaggio chiave del trattato è quello che obbliga tutti i siti e gli Internet provider a raccogliere informazioni sui propri utenti. L’attacco alla privacy dei naviganti del web è qui palese. Inoltre la norma limiterebbe di fatto gli “anonymous remailers”, ovvero i luoghi della rete che permettono di spedire e-mail nascondendo il nome del mittente. Ma se l’anonimato è comunque un diritto dei cittadini (nessuno infatti si sognerebbe di impedire l’invio di lettere ordinarie senza mittente) viene da chiedersi perché lo si vuole limitare nel mondo digitale.
I dubbi relativi all’ipotesi del Consiglio d’Europa, insomma, sono molti. Ma la difesa viene dal procuratore generale degli Stati Uniti, Janet Reno, che ha dichiarato a Wired: “Il danno che può essere compiuto da qualcuno all’altro capo del mondo è immenso. Dobbiamo essere in grado di rintracciare i colpevoli”. E aggiunge: “Molti Stati hanno poche o nessuna legge al riguardo, e questo crea un gigantesco ostacolo alla soluzione e alla persecuzione dei crimini digitali. Temo che alcune nazioni possano diventare vere e proprie isole felici per i cyber-criminali”.
La proposta “è pericolosa per Internet”, ribatte però Barry Steinhardt, direttore della American Civil Liberties Union e fondatore della Global Internet Liberty Campaign (http://www.gilc.org=. E spiega: “Queste norme interferiscono con la possibilità di esprimersi nell’anonimato e di testare i sistemi di sicurezza”. Ma è solo una debole voce contro le grandi istituzioni internazionali. Recentemente, infatti, un team di lavoro della Casa Bianca – che include rappresentati del dipartimento di giustizia, dell’Fbi e dei servizi segreti – ha messo a punto un documento (http://www.politechbot.com/docs/unlawfulconduct.html) che chiede maggiori restrizioni sull’anonimato online. Secondo gli esperti americani, infatti, questo offre uno “scudo impenetrabile ai criminali”. E richieste analoghe si leggono in un rapporto (http://www.europarl.eu.int/committees/libe/meetdocs/en/default.htm) dello scorso aprile redatto dalla Commissione su libertà e diritti dei cittadini, giustizia e affari interni del Parlamento europeo.
Il World Wide Web è insomma troppo importante per lo sviluppo della new economy, ed è così che le pressioni dei grandi colossi per una maggiore protezione trovano immediata risposta nei legislatori. Tempi cupi si prospettano allora per i navigatori che non amano essere controllati e schedati: il futuro di Internet sarà probabilmente una rete molto meno libera di quando nacque. E anche questo, sembrano affermare i governanti, vuol dire crescere.