Facebook, cosa dicono di noi gli status

L’aggiornamento di stato su Facebook non dice solo cosa stiamo pensando, ma anche chi siamo, svelando il nostro sesso, la nostra personalità e suggerendo se siamo più estroversi che introversi. L’ultima prova di quanto i social network riescano a fotografare le caratteristiche dei propri utenti arriva da uno studio della Penn University, pubblicato su Plos One, in cui il team di ricercatori guidato da H. Andrew Schwartz ha esaminato con analisi computazionali il linguaggio usato da 75 mila profili Facebook confrontandolo con i test di personalità compitali dagli stessi utenti.

Una volta acquisiti gli aggiornamenti di stato, gli scienziati li hanno analizzati alla ricerca di pattern ricorrenti nell’uso di determinati vocaboli, osservando che a partire da questi era possibile costruire dei modelli computazionali in grado di risalire ad età, genere e tratti personali dei volontari. E con una buona accuratezza: con la sola analisi del linguaggio, spiegano i ricercatori, era infatti possibile stabilire il genere di un utente nel 92% dei casi, per esempio.

Il punto di forza del nuovo studio, raccontano gli esperti, è nella modalità dell’approccio messo in campo, cosiddetto aperto, come racconta Margaret L. Kern, tra gli autori del paper: “In un approccio detto di ‘vocabolario chiuso’ gli psicologi potrebbero scegliere una lista di parole che ritengono esprimere un’emozione positiva, come ‘contento’, ‘entusiasta’ o ‘meraviglioso’ e poi guardare la frequenza d’uso di una persona di queste parole come un modo per misurare quanto la persona è felice. Tuttavia, gli approcci di vocabolario chiusi hanno diverse limitazioni, tra cui quella di non misurare sempre ciò che vogliono misurare”. Senza considerare che un approccio di vocabolario chiuso fa solitamente riferimento a un set di parole prefissato, e non tiene conto delle sfumature di significato delle diverse espressioni con le stesse parole (es. per tutti, essere sick/malato, è diverso da essere sick of/ stufo di..). E ancora: l’uso di un linguaggio prefissato limita la possibilità di mettere in luce nuovi aspetti sul tipo di personalità analizzata e l’uso di vocaboli che questa generalmente fa.

Consapevoli di tutto questo, nello studio su Plos One gli scienziati, forti anche della gran quantità di dati disponibili, hanno passato al setaccio il linguaggio degli utenti isolando le parole più ricorrenti in riferimento a vari tratti degli utenti, come età, genere e personalità (misurata attraverso i questionari). Infine hanno adottato la metodica delle word cloud per rappresentare i risultati.

È così emerso che le persone più estroverse, usano spesso espressioni come “una grande serata” o parole come “party”, mentre quelle meno estroverse fanno più spesso riferimento ai “manga”, a “Internet” e usano di più le emoticons. Allo stesso modo gli adolescenti parlano più spesso di “casa”, “domani” e “compiti”, mentre gli adulti nominano più spesso “figli”, “marito” e “preghiere”. E ancora: parole legate a uno stile di vita attivo (come “snowboarding”, “meeting” e “basketball”) sono associate a bassi punteggi nel profilo nevrotico.

Infine, per misurare le capacità predittive delle loro analisi del linguaggio, i ricercatori hanno usato i dati acquisiti da una porzione del campione per insegnare al computer a estrapolare a ritroso i dati su altri utenti, basandosi solo sui vocaboli usati. I risultati sono stati molto accurati per risalire all’età delle persone, mentre meno lo erano per predire le personalità.

Cosa significa tutto questo? Al di là della caute correlazioni tra stili di vita e individualità, un approccio linguistico di questo tipo, tramite i social network, potrebbe in futuro alleggerire gli studi sulla popolazione e le personalità

Via: Wired.it

Credits immagine: byJoeLodge/Flickr

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