Fascino e rigore in una bolla

Sono molti i motivi che legano matematica e arte, talmente tanti che probabilmente non finiremo mai di scoprirli tutti. Anche perché sia la matematica che l’arte evolvono, ciascuna secondo le proprie regole. Ma è innegabile che si tratta di un legame profondo, perché la matematica non si occupa di numeri ma di pattern, simmetrie, trasformazioni. Michele Emmer, docente di matematica alla Sapienza di Roma, oltre ad avere al suo attivo parecchi libri e pubblicazioni scientifiche è particolarmente impegnato nella divulgazione scientifica, alla maniera di quella che nei paesi anglofoni si chiama Public Understanding of Science. Mi è capitato di assistere ad alcune sue dimostrazioni con le bolle di sapone, un “laboratorio” alla portata di tutti con cui si possono introdurre questioni di matematica e fisica alquanto complicate. Il “successo” di un esperimento, il fatto per esempio che tutti ma proprio tutti possono realizzare una bolla di sapone che rappresenta la proiezione tridimensionale di un ipercubo, fa capire che alla base di certe regolarità ci sono leggi fisiche robuste, e aiuta a stabilire un legame tra leggi fisiche e strutture geometriche.

Quando ho iniziato a leggere questo libro avevo quindi alcune aspettative: riuscirà Emmer a trasferire sulle due dimensioni di un foglio di carta le complesse figure geometriche, i colori cangianti, le “catastrofi” che accadono quando si altera lo stato stabile di una bolla? Debbo quindi avvertire che chi si accostasse al libro con aspettative come queste rischierebbe una delusione. Questo non è un libro su “come divertirsi e imparare qualcosa giocando con le bolle di sapone”, un libro in cui le bolle di sapone sono un pretesto per parlare d’altro, si tratti di arte o fisica o matematica. No, le bolle sono proprio l’oggetto del libro, il centro attorno a cui tutto il resto ruota. Il taglio del libro è estremamente personale, più un racconto che una argomentazione. Ho quasi l’impressione che Emmer, da bravo matematico, abbia voluto tener nascosta la formula di cui si è servito per strutturare la sua narrativa, nascondendola sotto una prosa spesso autobiografica.  

Il libro si apre con una sorta di monografia delle bolle di sapone nelle arti figurative. Il loro ingresso nell’arte non è motivato dalle caratteristiche geometriche o fisiche dell’oggetto, né indotto dall’evoluzione della tecnica pittorica necessaria a rappresentarle. Le bolle entrano nella pittura spinte dal loro significato simbolico, a rappresentare la vacuità e la transitorietà della vita umana, almeno nei suoi aspetti terreni. Ma la matematica delle bolle, quella delle superfici minime, è un campo di ricerca attivo. Basti pensare che nella letteratura scientifica citata nel libro figurano pubblicazioni del 2009 (il che è anche un segno della continua attenzione dell’autore agli sviluppi in questo campo). E’ facile concettualizzare il problema nel campo della geometria a due dimensioni, dove la figura geometrica che consente di racchiudere un’area data entro un perimetro minimo è la circonferenza. Come nota Emmer, questa soluzione doveva essere già nota alla regina Didone quando affrontò la fondazione di Cartagine. D’altra parte, se si vuole ricoprire interamente una superficie utilizzando forme geometriche ripetute il cerchio rappresenta una soluzione non ottimale: in questo caso, come ben “sanno” le api, servono gli esagoni. Va detto che anche quella delle api non è la soluzione ottimale al problema di riempire una superficie con un perimetro minimo, ma ci si avvicina. 

Trasportando il problema nell’ambito delle tre dimensioni, si tratta di determinare quali forme consentono di occupare un dato volume utilizzando una superficie minima. Anche in questo caso, la soluzione che vale per uno spazio privo di divisioni, la sfera, non vale più quando il problema è quello di utilizzare più figure per occupare lo spazio dato senza lasciare dei vuoti. Basta pensare a una cassetta di arance impilate in modo da sfruttare il maggiore spazio possibile, e ci si rende conto che tra esse rimangono molti spazi inutilizzati. Esistono forme capaci di riempire tutto lo spazio entro limiti dati, utilizzando una superficie minima? Questo in estrema sintesi è il problema esplorato sperimentalmente dal fisico Joseph Plateau, con le bolle di sapone.

Plateau mise in luce l’esistenza di alcune regolarità, come l’ampiezza degli angoli tra bolle adiacenti, e illustrò alcune soluzioni sperimentali ai problemi di minimo. Ma per il matematico, a determinare l’esistenza di una soluzione non è solo il fatto di poter guardare e magari toccare un oggetto con le proprietà desiderate. E ancor più incerta è la guida fornita dalle bolle per ciò che riguarda l’unicità delle soluzioni. Con l’arrivo del computer, questo ha finito inevitabilmente per sostituirsi alle bolle, ma è affascinante constatare che le bolle, meri oggetti del mondo fisico, sono spesso state capaci di fornire soluzioni valide a un complicato problema geometrico.
Intanto i problemi delle superfici minime facevano comparsa anche in biologia. Emmer ci lascia per un po’ in sospeso con il viaggio del Challenger, la prima spedizione oceanografica della storia, per poi introdurci al lavoro di Ernst Haeckel, uno dei più attivi divulgatori di Darwin in Germania. Haeckel fu un illustratore dalle capacità straordinarie, che curò le collezioni di organismi planctonici raccolti dal Challenger e ne trasse un libro d’arte (le scansioni da questo libro, «Kunstformen der Nature», sono facilmente reperibili su Internet, vedi qui). Dopo Haeckel, i problemi di forma e di economia nella costruzione di strutture biologiche che approssimano figure geometriche regolari non potevano mancare di interessare D’Arcy Thomson, l’autore di Crescita e forma.

Siamo arrivati al termine della parte propriamente scientifica della narrazione, ma il racconto può solo finire rovesciando la visione dalla quale eravamo partiti: la bolla di sapone come simbolo del transitorio, del futile, del vacuo. Ecco allora le architetture costruite per durare, come quella della piscina olimpica di Pechino. Emmer conclude citando l’invito di Lord Kelvin a fare una bolla di sapone (“potreste passare tutta la vita a osservarla”), ma la nota autobiografica che precede l’invito ci parla, ancora, del senso imperscrutabile di una fascinazione.

Il libro

Michele Emmer
Bolle di sapone
Bollati Boringhieri 2009, pp. 301, euro 60,00

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