Un fegato nuovo può crescere nei linfonodi, lo studio sui maiali

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Un fegato danneggiato oltre un certo stadio non può più essere riparato. E se il paziente non può beneficiare di un trapianto, presto potrebbe esserci un’altra possibilità: generare nell’organismo un fegato ausiliario. Un gruppo dell’università di Pittsburgh è riuscito a far crescere l’organo extra nei maiali, iniettando nei loro linfonodi cellule epatiche prelevate dal loro stesso fegato.

La possibilità di generare un fegato secondario, ma perfettamente funzionante, in una sede diversa da quella fisiologica era stata verificata nei topi. La conferma su un animale più grande come il maiale è però un passo fondamentale. Il prossimo sarà portare questa potenziale strategia terapeutica in clinica, dove potrebbe arginare il declino delle funzioni epatiche nei pazienti non idonei o in attesa di trapianto. I dettagli dello studio sono pubblicati su Liver Transplantation.

Quando il fegato non funziona

In Italia, dal 1992 al 2018 i trapianti di fegato sono stati oltre 20.000. La causa più comune è la cirrosi, ossia la trasformazione strutturale del tessuto epatico legata alla morte degli epatociti, spesso causata da epatiti o abuso di alcol. Nel fegato dei pazienti con cirrosi il tessuto cicatriziale fibroso sostituisce a poco a poco quello sano, che perde struttura e funzioni. Benché il fegato possieda la capacità di rigenerarsi, quando il danno supera una certa estensione non può più essere riparato. Ma non tutti i pazienti possono accedere al trapianto o sono in grado di superare l’operazione. E comunque il numero di donatori è limitato rispetto alla richiesta e le liste di attesa sono sempre piuttosto lunghe.

Una seconda possibilità è il trapianto cellulare di epatociti. Le sole cellule mature e funzionanti sono più facilmente reperibili di un organo intero e forniscono il sostegno necessario al fegato per recuperare la sua funzione. Nei casi più gravi, pur non riuscendo ad arrestare il declino delle funzioni epatiche, permettono comunque di guadagnare tempo nell’attesa di un fegato compatibile. Tuttavia, il trapianto di epatociti è una procedura sperimentale, con risultati promettenti, ma ancora preliminari. Le cellule iniettate, in teoria, dovrebbero migrare nel fegato e rigenerare la massa epatica. Ma in pratica il tessuto fibroso e scarsamente vascolarizzato nella maggior parte dei pazienti impedisce alle cellule di attecchire e l’operazione è rischiosa.

Un fegato dislocato

Piuttosto che rigenerare l’organo principale in situ, allora, il gruppo coordinato da Eric Lagasse, patologo all’università di Pittsburgh, ha fatto crescere nei maiali un fegato ausiliario ectopico. In altre parole, il nuovo organo somiglia a tutti gli effetti a un fegato, ma si trova in un altro posto rispetto a dove dovrebbe essere fisiologicamente.

In uno studio del 2011, i ricercatori avevano scoperto che nei topi i linfonodi potevano essere una sede alternativa per l’insediamento e la proliferazione degli epatociti. I linfonodi sono infatti strutturati per sostenere la rapida espansione dei linfociti, le cellule del sistema immunitario che ci proteggono in caso di infezione. Grazie alla loro natura altamente vascolarizzata, scrivono gli autori, i linfonodi possono essere equiparati a dei “bioreattori”, dove anche gli epatociti trovano un terreno fertile per proliferare.

Lo studio sui maiali

Dopo quasi un decennio, Lagasse e colleghi hanno confermato lo stesso risultato su un animale più grande e più simile all’essere umano, il maiale. I ricercatori hanno riprodotto un modello di malattia epatica nel maiale, ma prima hanno estratto gli epatociti dalla porzione sana del loro fegato. Hanno quindi iniettato le cellule nei linfonodi addominali dello stesso animale e monitorato le condizioni di ciascun maiale per 30-60 giorni. I risultati sono stati estremamente promettenti: tutti e 6 i maiali sottoposti a trapianto hanno recuperato le loro funzioni epatiche. L’esame dei linfonodi ha inoltre mostrato che gli epatociti avevano formato una rete di dotti biliari e lobuli molto simili a quelli di un fegato vero.

Dagli esperimenti nei topi e nei maiali non è emerso alcun rischio che il fegato ausiliario possa crescere a dismisura esponendo il paziente al rischio di cancro. Il tessuto epatico extra, infatti, cresce solo in maniera proporzionale all’estensione del danno epatico: un meccanismo a feedback basato sulla competizione cellulare controlla che le dimensioni complessive dell’organo rimangano costanti.

La conferma sui maiali è un grosso passo verso la sperimentazione clinica. Ma prima di passare all’uso umano, i ricercatori stanno cercando di riprodurre gli stessi risultati anche con un trapianto allogenico, ossia con gli epatociti di un donatore sano diverso dal paziente. Il rischio di rigetto è infatti alto e potrebbe essere necessario sottoporre il paziente alla terapia standard con immunosoppressori o addirittura studiare metodi meno immunogenici per l’iniezione delle cellule.

Fonte: Liver Transplantation

Foto di Alexquaas – Opera propria, CC BY-SA 4.0.