Filo diretto Italia-Palestina

La “fanciulla di Gerico” aveva circa 14 anni. Riposava sul fianco sinistro, con la testa rivolta a levante tenendo in braccio un cucciolo di gazzella nana, come dono votivo. La ragazza apparteneva a una famiglia di alto lignaggio: sotto la testa è stato rinvenuto uno scarabeo in pasta di vetro che è un chiaro simbolo regale. Nella tomba, poi, erano presenti dei gioielli e un “prezioso corredo di scarabei di bronzo”. Il tutto datato 1650 avanti Cristo. Dopo migliaia di anni di oblio, la fanciulla ha rivisto la luce per opera di un’équipe di archeologi palestinesi e italiani. E il suo ritrovamento è il primo risultato concreto dell’accordo di cooperazione culturale, scientifica e tecnologica firmato nei mesi scorsi dal ministro degli Esteri, Lamberto Dini, e dal ministro palestinese del Piano e della Cooperazione internazionale, Nabil Shaath.

La collaborazione italo-palestinese ha l’obiettivo di creare una struttura di ricerca archeologica stabile in un paese come la Palestina ricchissimo di reperti ancora sepolti sotto la sabbia. I primi due sovrintendenti dell’Organizzazione per le antichità della Palestina (Mohamed Gaiada per la zona di Gerico e Khader Khanfar per quella di Genin), nominati all’inizio di giugno, si sono formati proprio a Roma frequentando per due anni i corsi dell’Università La Sapienza. Per ottobre è prevista la nomina di altri due sovrintendenti per le zone di Gaza ed Ebron. “Il filo diretto Italia Palestina nasce dalla la necessità di formare figure professionali finora assenti nel paese arabo”, ha spiegato a Galileo Paolo Matthiae, già noto per aver scoperto la città di Ebla in Siria e ora coordinatore degli scavi di Gerico. “I primi contatti con le autorità palestinesi vennero presi proprio in occasione di una mostra sugli scavi di Ebla, organizzata a Roma dall’Università La Sapienza. I nostri colleghi arabi denunciarono la carenza di queste figure professionali nel nascente Stato palestinese”.

Pur tra difficoltà di organico e di strutture ancora tutte da costruire, le autorità palestinesi attribuiscono grande importanza alla missione archeologica. Il lavoro non manca ed è più che mai affascinante. Infatti da sempre la zona di Gerico si è rivelata ricca di reperti. Negli ultimi cento anni si sono succedute tre diverse missioni sul sito di Tell es-Sultan, il nome biblico della città. Un gruppo di archeologi inglesi ha riportato alla luce una torre della cinta muraria di età neolitica. Ma è alla missione italo-palestinese che si devono gli ultimi importanti ritrovamenti. Tra gli altri, la pianta della città nell’età del bronzo e la poderosa cinta muraria, anteriore a quella di cui si parla nella Bibbia. “Nelle sacre scritture la città è nominata diverse volte e per gli ebrei ha un valore simbolico, perché è stata teatro di una delle più importanti tra le loro vittorie”, racconta Matthiae.

E ora è la volta della campagna italo-palestinese che non solo ha portato alla scoperta della “fanciulla di Gerico”, ma anche a quella altrettanto interessante dal punto di vista scientifico di un vasto magazzino con mura spesse circa un metro e mezzo rispetto ai 50 centimetri delle normali abitazioni, completamente intonacate di bianco. Questa particolarità ha fatto pensare che il magazzino appartenesse al palazzo reale. “L’ambiente non è stato ancora scavato del tutto”, afferma Lorenzo Nigro, uno dei due direttori della missione, “ma dovrebbe trattarsi di una stanza a pianta rettangolare con il lato minore lungo 5-6 metri. Abbiamo avuto la fortuna di trovare sei grosse travi che corrono per tutta la larghezza del locale. Le travi sono carbonizzate, ma intere e ben conservate”. Quelle travi potrebbero essere ciò che resta dopo un’opera di distruzione “accanita e metodica” forse ad opera dei soldati di una città siro-palestinese gelosa della ricchezza di Gerico. Una ricchezza che si basava sul controllo dei commerci, del sale e dello zolfo del Mar Morto.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here