Chissà se anche Gabriele D’Annunzio, vivendo gli attimi che ispirarono La pioggia nel pineto, contemplando la natura ne intuì l’effettivo potere. Si dà il caso infatti che la forma (e l’organizzazione) degli aghi dei pini possa essere considerata un’eccellenza di ingegneria dei materiali, plasmata da e per resistere alle precipitazioni. Lo hanno confermato i ricercatori dell’università della Florida, che sulle pagine della rivista Physics of Fluids spiegano come basti ruotare gli aghi di 180° per modificarne in modo sostanziale le proprietà.
Gli scienziati hanno misurato in modo particolare l’impatto della pioggia sulle foglie di Pinus palustris, noto anche come pino a foglia lunga. Questa pianta ha degli aghi con una porzione a cuneo (nella parte superiore) e una tondeggiante (nella parte inferiore), come mostrato nell’immagine a seguire (la sezione di un ciuffetto di tre aghi).
Grazie alla videografia ad alta velocità gli scienziati hanno potuto constatare che, quando colpiscono la superficie a cuneo degli aghi, le gocce d’acqua si deformano in modo caratteristico, creando un lobo a parabola per poi rompersi. In condizioni di impatto simili, la sezione tondeggiante dell’ago, invece, disperde l’acqua in maniera meno efficiente. La differenza – sostengono gli autori stupiti – è davvero eclatante. Non solo, i risultati degli esperimenti testimoniano che la forza dell’impatto della goccia d’acqua sulla foglia è condizionata (oltre che dalla dimensione della goccia) anche dalla forma delle fibre vegetali, ed è inferiore sulla superficie a cuneo.
La forma a cuneo in sostanza trattiene meno acqua sulla superficie: in questo modo meno stomi (microscopici pori sulla superficie delle foglie per lo scambio di gas) vengono bloccati e la fotosintesi risulta più efficiente.
Insomma, la natura da sempre plasma e ci ispira: qualche volta suggerisce poesie, qualche volta progetti di future fibre sintetiche estremamente repellenti.
Fonte: Physics of Fluids
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