Aumentano le esecuzioni pubbliche in Corea del Nord. L’allarme è lanciato da un rapporto dall’associazione sudcoreana Good Friends, che monitora da anni le violazioni dei diritti umani nel paese confinante. Si tratta di una preoccupante inversione di tendenza da parte della Repubblica popolare che dal 2000, a seguito delle continue pressioni internazionali, aveva fortemente ridotto il ricorso alle fucilazioni “spettacolo”.
Ora invece la tragica messinscena è tornata in auge. Lo scorso ottobre, per esempio, è stata proposta a 150mila spettatori convocati in uno stadio per assistere alla condanna a morte del direttore di una fabbrica della provincia di South Pyongan, colpevole di aver effettuato una serie di telefonate all’estero (proibite dalla legge se non autorizzate). La macabra performance del plotone di esecuzione si è conclusa poi con altri sei morti e 34 feriti tra gli spettatori, che mentre uscivano sono rimasti vittime della calca. Copioni simili si sono ripetuti per altre quattro esecuzioni avvenute negli ultimi mesi che hanno avuto come vittime funzionari locali o imprenditori.
Dei fatti denunciati da Good Friends non c’è però alcuna immagine e verrebbe, quindi, spontaneo un invito alla cautela. Ma tutte le volte che l’associazione ha riportato in passato la notizia di una violazione dei diritti umani nella Corea del Nord, l’accusa si è sempre poi rivelata fondata. Perciò le organizzazioni internazionali, tra cui anche Nessuno Tocchi Caino, la considerano una fonte affidabile. Anche perché, soprattutto in questo caso, a pensare male raramente si sbaglia e l’Assemblea Generale dell’Onu ce ne dà conferma: in una risoluzione del 21 novembre scorso la Terza Commissione, quella che si occupa di questioni relative ai diritti umani, ha condannato la Corea del Nord, per “le continue notizie di violazioni gravi, sistematiche e generalizzate dei diritti civili, politici, economici, sociali e culturali” con 97 voti pro condanna, 23 contro e 60 astensioni. (g.d.o)
