Fukushima, non è ancora finita

In Giappone la terra continua a tremare, ostacolando il lavoro degli operai a Fukushima. Domenica, i sismografi italiani dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV) hanno registrato una nuova scossa di magnitudo 7,1 gradi richter nell’area nord-orientale del paese, a soli 81 km da Fukushima. Tutto ciò è successo, ironia della sorte, a un mese esatto dal primo terremoto, e anche se l’Agenzia meteorologica nipponica ha revocato l’allarme tsunami, non c’è pace per la popolazione.

Sempre domenica, infatti, il Governo giapponese ha annunciato un possibile allargamento dell’area di evacuazione intorno alla centrale nucleare di Fukushima: da un raggio di 20 km si passerebbe a oltre i 30 km. La decisione, ha spiegato il capo di gabinetto del Governo Yukio Edano, è stata presa perché i livelli di radioattività in queste zone potrebbero rimanere a lungo al di sopra degli standard di sicurezza internazionali. “Se c’è il rischio che nelle municipalità nel nordest del paese si registrino livelli di radiazione superiori ai 20 millisievert durante l’arco di un intero anno – ha detto Masanori Shinano, un ufficiale della Commissione per la Sicurezza Nucleare giapponese – allora disegneremo un piano d’evacuazione anche al di fuori dei 30 km”.

Ancora non si conosce il numero esatto delle persone che potrebbero essere costrette a lasciare le proprie case, ma è possibile si superino le 62 mila unità. La preoccupazione per la salute dei cittadini nasce soprattutto dalla presenza del cesio 137, da cui, secondo le analisi effettuate al suolo dall’Università di Kyoto, sembrerebbe provenire l’80% delle radiazioni. Il problema è che questo isotopo radioattivo, avendo una vita media superiore ai 30 anni, potrebbe rimanere in circolo per molto tempo. E anche se i livelli di radioattività registrati oggi non fanno temere effetti immediati sulla salute (anche se superiori di 6 volte rispetto ai livelli legali), le conseguenze sul lungo termine potrebbero essere drammatiche.

Greenpeace, che già due settimane fa aveva sollevato il problema radiazioni al di fuori delle zone evacuate, ha accolto positivamente la decisione del Governo giapponese. Anche se, a differenza di quest’ultimo che non sembra avere fretta, l’organizzazione abientalista invoca tempi più rapidi del mese preventivato. I suoi esperti, infatti, continuano a registrare radioattività sospetta: le ultime rilevazioni parlano di 4 microSievert per ora in un parco giochi della città di Fukushima e di 2,8 microSievert per ora in un santuario della città di Koriyama. La squadra ha inoltre rilevato livelli di radiazione sopra i limiti ufficiali nelle verdure raccolte in campi intorno alle città di Fukushima, Koriyama e Minamisoma, e acquistate in un supermercato di Fukushima.

Ma cosa succede intanto nella centrale nucleare di Fukushima? Ieri, prima della scossa, gli operai stavano usando sabbia per “assorbire” le particelle radioattive presenti nell’acqua contaminata delle turbine. Ma sono stati costretti ad abbandonare la centrale. La situazione continua a rimanere critica, tanto che la Tokyo Electrics non sa quando riuscirà a ripristinare la normalità. Per cercare di capire meglio quali sono le reali condizioni degli edifici danneggiati, gli ingegneri hanno persino arruolato un drone, cioè un elicottero in miniatura dotato di telecamera per fotografare l’interno dei reattori.

Oggi, gli operai lavorano sia per drenare le acque radioattive dalle stanze delle turbine, sia per pompare nei reattori 1, 2 e 3 centinaia di metri cubi d’acqua al giorno con l’obiettivo di raffreddarli. Ciò andrà avanti sin quando i sistemi automatici di raffreddamento non saranno ripristinati, cosa impossibile con le stanze delle turbine allagate. Dal momento che bisogna “spostare” quantità di acqua enormi, per velocizzare le operazioni gli operai stanno rilasciando quella già utilizzata nel Pacifico, dove si stima siano state riversate circa 10 mila tonnellate di acqua debolmente radioattiva. Sebbene le particelle radioattive si disperdano nell’oceano, le concentrazioni di iodio 131 rimangono nel raggio di 16 km dalla costa 25 volte più alte dei valori limite. Ecco perché al Governo giapponese, e a tutta l’industria ittica, non piace la strategia adottata dalla compagnia elettrica. Un altro problema sono le esplosioni di idrogeno nei reattori danneggiati, sintomo di processi di fissione ancora in corso. Per cercare di arrestare le esplosioni, che sono causate dall’interazione tra idrogeno e ossigeno, gli operai stanno immettendo azoto all’interno dei reattori. Questo gas inerte, infatti, “ruba” l’ossigeno all’idrogeno scongiurando la reazione esplosiva.

Ma se la terra continuerà a tremare, il lavoro degli operai sarà sempre più difficile. Dall’11 marzo, infatti, in Giappone si sono contate centinaia di scosse di magnitudo superiore ai 5 gradi Richter. Il terremoto, sino a oggi, ha causato circa 28 mila tra vittime e dispersi, mentre migliaia di persone sono senza casa. E continuano i casi di contaminazione. Domenica scorsa un operaio di 30 anni che stava lavorando al reattore numero 2 è stato ricoverato in ospedale, anche se non sono state trovate tracce di sostanze radioattive nel suo organismo. Dall’inizio del disastro, è stato esposto a livelli di radiazione di 16 millisievert, un valore ben al di sotto della soglia massima di 250 millisievert prevista per gli operai della centrale. Ma come al solito, a preoccupare sono i problemi che si manifesteranno tra 20 o 30 anni, i tumori in primo luogo.

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